Egitto-Israele amici come prima, anzi di più
Medio oriente Dopo dieci anni un presidente egiziano e un primo ministro israeliano si sono incontrati a Sharm el Sheikh. E scoprono che gli interessi dei due paesi sono convergenti. El Sisi ha chiesto a Bennett l'aiuto di Israele per fermare il riempimento della diga etiope sul Nilo
Medio oriente Dopo dieci anni un presidente egiziano e un primo ministro israeliano si sono incontrati a Sharm el Sheikh. E scoprono che gli interessi dei due paesi sono convergenti. El Sisi ha chiesto a Bennett l'aiuto di Israele per fermare il riempimento della diga etiope sul Nilo
Uno scambio. Tu mi aiuti, io ti aiuto. Questo il succo del faccia a faccia di lunedì a Sharm el Sheikh tra Abdel Fattah el Sisi e Naftali Bennett, il primo tra Egitto e Israele dal 2011 ha confermato i rapporti stretti tra i due paesi e non solo in materia di sicurezza. Qualcuno ha scritto che è cambiato tutto in questi dieci anni, ricordando le primavere arabe, la rimozione di Hosni Mubarak e la sua morte e il fatto che al potere non c’è più Benyamin Netanyahu. Dettagli. Nella sostanza a un dittatore egiziano si è sostituito un altro dittatore, persino più brutale. E in Israele un esponente della destra estrema religiosa ha preso il posto di un premier di un leader della destra laica e in queste settimane ha ribadito il no all’indipendenza palestinese. L’unico cambiamento è stato l’Accordo di Abramo tra Israele e paesi arabi del 2020 che, tra le altre cose, ha ridimensionato il peso che l’Egitto aveva di primo interlocutore arabo dello Stato ebraico. El Sisi ha elaborato l’accaduto e a distanza di un anno ha compreso che solo stringendo i rapporti con Israele l’Egitto potrà tornare ad essere una stella di prima grandezza nel mondo arabo scavalcando gli alleati/avversari degli Emirati.
E comunque l’influenza di Israele è grande anche in Etiopia, impegnata in uno scontro con l’Egitto per lo sfruttamento della preziosa acqua del Nilo. Così, ha riferito la radio israeliana, El Sisi ha chiesto a Bennett di dargli una mano a frenare i propositi di Addis Abeba di completare il riempimento della Diga del Rinascimento, che potrebbe ridurre del 40% la quota d’acqua del Nilo che scorre verso l’Egitto. Un progetto che, il Cairo l’ha minacciato in più occasioni, rischia di scatenare una guerra tra i due paesi. Il leader egiziano si aspetta che il governo israeliano faccia il possibile per reclutare anche l’Amministrazione Biden che non mostra particolare simpatia per El Sisi e le ragioni egiziane. Se Israele riuscirà a realizzare i desideri di El Sisi quest’ultimo avrà maggiori motivazioni per fare pressione sul capo di Hamas nella Striscia di Gaza, Yahya Sinwar, sui termini di uno scambio di prigionieri e per placare la protesta palestinese per il blocco israeliano di Gaza cominciato nel 2007.
A Sharm el Sheikh è stata rivista la mappa degli interessi tra i due paesi, convergenti su tanti punti. È stato «un incontro importante e molto positivo» con il presidente egiziano, ha riferito Bennett dopo l’incontro sottolineando che il faccia a faccia è stato utile per «gettare le basi per profondi legami» e discutere di «un’ampia gamma di questioni regionali e internazionali». A cominciare dal nucleare iraniano che resta in cima all’agenda del premier israeliano. Bennett ha ringraziato El Sisi per «l’importante ruolo dell’Egitto nella regione», osservando che dopo più di 40 anni, l’accordo di pace tra Israele ed Egitto «continua ad essere la base per la sicurezza e la stabilità del Medio Oriente».
Le parole di Bennett aprono la strada al piano per Gaza di Yair Lapid, il ministro degli esteri israeliano. Niente di innovativo, malgrado l’enfasi con cui i media locali hanno riferito delle intenzioni di Lapid. Il piano non prevede in alcun modo la revoca del blocco di Gaza. Però Israele, dice Lapid, deve avviarsi verso «una nuova visione» nei confronti di Gaza: «economia in cambio di sicurezza». L’obiettivo è «di creare stabilità sui due lati del confine». «Questa – ha spiegato Lapid intervenendo qualche giorno fa alla Conferenza sul controterrorismo di Herzliya – non è una proposta di negoziati con Hamas. Israele non assegnerà premi a un’organizzazione terroristica e non indebolirà l’Anp che lavora regolarmente con noi». Allo stesso tempo riconosce che la politica seguita da Israele dal ritiro da Gaza nel 2005 e che include il blocco e le restrizioni ai movimenti della popolazione civile «non è stata efficace». In alternativa Lapid propone che a Gaza siano avviati, con il pieno appoggio di Israele, grandi progetti infrastrutturali, in grado di dare lavoro per anni a molte migliaia di palestinesi. L’unica cosa che Lapid proprio non intende dare ai palestinesi di Gaza è la libertà.
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