Egemonia regionale, gas e Biden: Erdogan alla corte di Israele
Medio oriente Per conquistare i suoi obiettivi, politici ed economici, la Turchia apre alla normalizzazione con Tel Aviv. Inizia invitando Herzog. La promessa: no accordi sulla pelle dei palestinesi. Lo dicevano anche gli Emirati arabi
Medio oriente Per conquistare i suoi obiettivi, politici ed economici, la Turchia apre alla normalizzazione con Tel Aviv. Inizia invitando Herzog. La promessa: no accordi sulla pelle dei palestinesi. Lo dicevano anche gli Emirati arabi
Quando a inizio mese Recep Tayyip Erdogan ha annunciato che il presidente israeliano Isaac Herzog a metà marzo si recherà in visita ufficiale in Turchia, aggiungendo che «la visita potrebbe aprire un nuovo capitolo nelle relazioni tra i due paesi», non pochi hanno accolto con giustificato stupore le sue parole. Il leader turco per oltre un decennio ha condotto una battaglia personale contro Israele e il suo (ex) premier Netanyahu e ha dato appoggio ai diritti dei palestinesi. Non a tutti i palestinesi in verità, piuttosto al movimento islamico Hamas al quale ha offerto ospitalità e aiuti. Perché ora? In realtà l’avvicinamento di Erdogan non a Israele non è recente. Parte da lontano e va inquadrato in un’ampia ridefinizione delle ambizioni turche nella regione mediorientale che non può prescindere da un miglioramento delle tormentate relazioni tra Ankara e Washington e al raffreddamento dei rapporti con Mosca.
Da quando Joe Biden è entrato in carica, il presidente turco ha inviato ad intermittenza segnali concilianti alla Casa Bianca, che però non hanno dato gli esiti che si attendeva. Erdogan ha quindi compreso che migliorando le relazioni con Israele può raggiungere più facilmente l’Amministrazione Usa. Si è congratulato con Herzog per la sua nomina a presidente. Herzog ha ricambiato augurando una pronta guarigione al leader turco contagiato dal coronavirus. La marcia di avvicinamento prosegue anche se Mevlut Cavusoglu, ministro degli esteri di Ankara, ha precisato qualche giorno fa che la normalizzazione «non sarà a spese dei palestinesi, come è successo nel caso di altri paesi mediorientali. La normalizzazione renderà la nostra posizione più forte e aumenterà la nostra capacità di trattare per la messa in atto della soluzione a Due Stati (Israele e Palestina)». Chiaro il riferimento all’Accordo di Abramo del 2020 che ha aperto le relazioni tra Israele e quattro paesi arabi. Le parole di Cavusoglu però sono le stesse usate dagli emiratini per giustificare l’accordo con Israele fatto per il «bene dei palestinesi».
Proprio l’Accordo di Abramo è una stata delle molle della decisione di Erdogan di tendere la mano a Israele dopo anni di animosità. Il leader turco ha compreso che l’alleanza strategica realizzata da Israele con Emirati, Bahrain, Marocco e Sudan, e dietro le quinte con altri paesi arabi, Arabia saudita in testa, non permetterà più alla Turchia di giocare il ruolo di primo piano nel mondo arabo che ha svolto negli ultimi 15 anni. Inoltre, Ankara è impegnata a migliorare le relazioni con un altro alleato di ferro di Usa e Israele, l’Egitto – con cui ha interrotto i rapporti dopo il colpo di stato militare del 2013 che ha rimosso dal potere i Fratelli musulmani egiziani – e con gli Emirati. Ankara e Abu Dhabi di recente hanno firmato una serie di intese che vedranno gli Emirati investire fino a dieci miliardi di dollari nell’economia turca. L’arrivo del principe ereditario Mohammed bin Zayed in Turchia è stata la visita di più alto livello in quasi un decennio.
Israele e Turchia, peraltro, si sono trovati dalla stessa parte nell’ultima guerra combattuta da Azerbaijan e Armenia. Tel Aviv, pur proclamandosi neutrale, ha venduto a Baku droni e altre armi che si sono rivelate decisive per la vittoria azera, mentre è ben nota l’alleanza tra Ankara e Baku. Turchia e Israele potrebbero trovare altre convergenze anche in Asia centrale e nel Caucaso. Erdogan qualche giorno fa ha fatto capire che ci sono interessi economici enormi in campo quando ha ipotizzato una collaborazione tra il suo paese e Israele per esportare gas naturale in Europa. «Possiamo utilizzare il gas israeliano nel nostro paese e, oltre a usarlo, possiamo impegnarci in uno sforzo congiunto per il suo passaggio in Europa, questi temi saranno nella nostra agenda durante la visita di Herzog in Turchia».
Se Ankara accelera, Israele procede con il freno a mano tirato. Il governo Bennett ha capito che la Turchia ha bisogno più di Israele della normalizzazione in tempi stretti. Detta perciò le sue condizioni. Vuole che Erdogan non offra più aiuti e ospitalità ad Hamas e spenga il suo sostegno alla causa palestinese.
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