Anche nel settore aereo il vecchio mondo sta tramontando in un interregno gravido di incognite e sorprese impensabili fino a due settimane fa. Insieme all’industria turistica, e a quella degli affitti brevi su piattaforma digitale, sta subendo gli effetti delle politiche di emergenza nel tentativo di arrestare la diffusione del coronavirus. Il bando da e per l’Unione Europea per un mese adottato ieri dalla Commissione Ue, così come ha fatto l’amministrazione Trump per gli Stati Uniti, è un colpo quasi mortale a un’economia che solo in Italia rappresentava un mese fa il 3,6% del Pil.

BRITISH AIRWAYS, ad esempio, ha pianificato un taglio dei voli di «almeno il 75%» tra aprile e maggio, Air France-KLM ridurrà le attività tra il 70 e il 90%, Lufthansa taglierà le rotte di lungo raggio fino al 90%. E soffrono i simboli della società lowcost, i vettori che hanno trasformato radicalmente un mercato globale come EasyJet che parla di un «rischio sopravvivenza». Anche gli aerei di Ryanair rischiano di restare a terra. L’associazione internazionale del trasporto aereo ha stimato perdite tra 63 e 113 miliardi di dollari solo nel 2020. Solo gli aeroporti statunitensi hanno chiesto alla Casa Bianca aiuti per 10 miliardi di dollari. I meccanismi ordinari della concorrenza sono saltati ed è iniziata una guerra per la sopravvivenza dove le aziende cercano di garantirsi una posizione migliore tra i sopravvissuti. I costi della crisi saranno pesanti, ma la liquidità in arrivo anche alle imprese e gli annunci volontaristici sugli sforzi monetari e fiscali coordinati tra governi, banche centrali e istituzioni internazionali cercheranno di costruire una diga. Nel frattempo, in un mondo rovesciato da un virus, si può passare in pochi giorni dalla celebrazione del mercato assoluto allo Stato-impresa, un tempo chiamato Stato-piano. Lo dimostrano i primi 850 miliardi di dollari stanziati da Trump, i 550 miliardi di euro da Merkel, i 300 da Macron, i 200 di Sanchez in Spagna, i 25 già stanziati solo per marzo in Italia. Tra questi fondi ci sono anche i contributi al trasporto aereo.

IN QUESTO QUADRO il maxi-decreto «Cura Italia» ha nazionalizzato Alitalia. Nel terzo comma dell’articolo 76 è stata disposta la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Tesoro o da una società a prevalente partecipazione pubblica, anche indiretta. Previsto anche un fondo da 600 milioni per tutto il settore. è avvenuto senza proteste, com’è accaduto quando l’ipotesi era rispuntata durante il primo governo pentaleghista guidato da Conte. Anche i renziani di Italia Viva «hanno preso atto, sono decisioni che non ci convincono ma non è il momento di aprire polemiche» hanno detto Raffaella Paita e Luciano Nobili.

«ALITALIA si sta applicando con una dedizione da compagnia di bandiera» per consentire agli italiani all’estero di rientrare. E «questa esperienza ci insegna che il vettore nazionale è strategico per il destino del nostro paese sotto tanti punti di vista» ha affermato la ministra delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli. «Alitalia rientra nel tema degli asset nazionali da tutelare, bisogna ricostruire una regia nazionale» ha aggiunto Laura Castelli, viceministra dell’Economia.

L’EMERGENZA ha cambiato l’atteggiamento anche della commissione Europea. Due settimane fa questa opzione era impensabile. Ieri un portavoce ha detto che la Commissione «è pronta a lavorare con l’Italia, come con gli altri Stati membri dell’Ue, per discutere la possibilità di sostegni al settore dell’aviazione civile, incluse Alitalia ed altre compagnie aeree». Una disponibilità che rientra nella «flessibilità» prevista in occasioni eccezionali, come una pandemia, anche per quanto riguarda i cosiddetti «aiuti di stato» già preannunciata dalla presidente Ursula Von Der Leyen venerdì scorso. Ieri, dopo l’Eurogruppo, la vicepresidente Margrethe Vestager, custode anche della concorrenza, ha inviato agli stati membri una proposta di una proposta di aiuti al sistema economico per affrontare la recessione in arrivo. Il provvedimento prevede «compensazioni» che saranno utili «in particolare ai settori che sono colpiti più duramente. Per esempio, se vogliamo minimizzare licenziamenti permanenti e danni al settore europeo dell’aviazione civile. Bisogna agire con urgenza». Ciò permetterà concessioni dirette fino a 500 mila euro per impresa, garanzie su prestiti bancari, prestiti pubblici e privati a tassi di interesse sussidiati. In questo quadro confluiscono anche le indagini aperte dalla Commissione sui prestiti ponte del governo a Alitalia classificati come «aiuti di stato» pari a 1,3 miliardi di euro. Davanti agli «eventi eccezionali», e alla disponibilità di «sostenere» il settore, resteranno tali? In fondo, tra «sostegno» e «nazionalizzazione» esiste una differenza.

PER I LAVORATORI i problemi sono tutt’altro che finiti. Alitalia resta un’azienda in grandi difficoltà. Ieri una videoconferenza tra il ministero del lavoro e i sindacati sulla nuova procedura per la cassa integrazione straordinaria per 3.960 dipendenti è andata male. «Nonostante il coronavirus, i numeri sono eccessivi. È impossibile firmarla – ha sostenuto Fabrizio Cuscito (Filt Cgil) – Nonostante le promesse non c’è certezza sul futuro e sulle risorse a disposizione per il fondo di solidarietà del trasporto aereo». Sul passaggio al governo della compagnia il parere dei sindacati è favorevole. «Alitalia – ha spiegato Cuscito – è l’unica che continua a garantire i concittadini, recuperandoli all’estero. Sta svolgendo una funzione di servizio pubblico essenziale. Senza resteremmo isolati mentre le compagnie straniere private si sono dileguate. Ci sono anche ragioni strategiche: quando la crisi finirà, il settore ricomincerà a crescere. È questo il momento di prendersi fette di mercato».