Eddie Glaude: «È il momento di riformulare l’idea del sogno americano»
Usa 2020 Intervista a Eddie Glaude, professore a Princeton e punto di riferimento dello State of the Black Union, evento annuale in chi si fa il punto della situazione su questioni di particolare rilevanza nella comunità afroamericana, e personaggio televisivo noto ai grandi network
Usa 2020 Intervista a Eddie Glaude, professore a Princeton e punto di riferimento dello State of the Black Union, evento annuale in chi si fa il punto della situazione su questioni di particolare rilevanza nella comunità afroamericana, e personaggio televisivo noto ai grandi network
Eddie Glaude è un accademico americano, insegna African American Studies alla Princeton University, è un collaboratore regolare e commentatore dello State of the Black Union, evento annuale in chi si fa il punto della situazione su questioni di particolare rilevanza nella comunità afroamericana, ed un personaggio televisivo noto ai grandi network.
È stato un estratto di un suo intervento all’emittente televisiva Msnbc, isolato e twittato da Alexandria Ocasio-Cortez, a far discutere la sinistra ed il centro democratico statunitense. Su Msnbc Glaude puntava il dito verso il popolo americano: siamo noi il problema, ha detto, non Trump.
Come mai, secondo lei ha fatto tanto discutere il suo intervento?
Per via dell’esito delle elezioni. C’era una grande aspettativa, ci si aspettava che Trump sarebbe stato sconfitto e che ci sarebbe stato un netto rifiuto a tutto ciò che ha rappresentato, tutto ciò che abbiamo vissuto in questi quattro anni. E anche all’incompetenza della squadra che si occupa del Covid. In Usa ad oggi ci sono stati oltre 240 mila morti, è un dramma che viviamo ogni giorno. Trump è stato solo menzogna, ha travolto qualsiasi concetto di verità. Quindi il fatto che più di 71 milioni di americani abbiano votato per lui ha portato a quel commento: non si tratta di Donald Trump. Si tratta di noi. La tendenza sarebbe quella di accusare Trump, ma Trump è solo un nostro riflesso, qui ne abbiamo avuto la prova: dopo 4 anni di incompetenza e corruzione, in milioni hanno ancora votato per lui.
Qual è ora la responsabilità dei democratici?
La loro responsabilità è molto chiara. Devono rispondere alla crisi che la repubblica deve affrontare su larga scala. Non possiamo semplicemente accarezzare l’idea di tornare indietro a ciò che c’era prima di Trump. Questo desiderio a mio avviso è folle, perché ciò che era, è ciò che ha prodotto Donald Trump. Il trumpsimo è il risultato del modo in cui eravamo, il modo in cui abbiamo governato, l’avidità, l’egoismo, il razzismo, tutto ciò ha prodotto il trumpismo. Il Partito Democratico, a mio avviso, ha la responsabilità di essere audace e visionario, di affrontare il fatto che la nostra società è distrutta. È rotta nel suo nucleo, le fondamenta sono incrinate e abbiamo fatto in modo che accadesse. Abbiamo bisogno di un diverso tipo di leadership.
In cosa ha speranza?
La mia speranza è in noi. Il grande scrittore afroamericano James Baldwin diceva che gli esseri umani sono allo stesso tempo miracoli e disastri. Dobbiamo proteggerci dai disastri che siamo. Ma se ci facciamo coinvolgere abbiamo almeno una possibilità per un miracolo, Ciò che faranno i movimenti di base sarà ancora più corposo. Se ricorda, nel 2008, c’era tutta una serie di movimenti, il movimento contro la guerra in Iraq e la lotta per il minimo sindacale. Barack Obama è balzato davanti a tutto ciò e dopo la sua elezione quel movimento fu smobilitato. Poi circa due anni dopo l’inizio dell’amministrazione Obama, ci si è resi conto che si stavano rivivendo alcune cose simili, e sono arrivati Occupy Wall Street, Black Lives Matter. Il movimento si è ricostituito e non si è più fermato.
Ora il compito è stato quello di eleggere Joe Biden, ma l’obiettivo è quello di un’America più giusta. Se Biden e Harris inizieranno a smanettare con i repubblicani, allora sopporteranno tutto il peso dei movimenti. Ci saranno pressioni su pressioni perché la posta in gioco è alta. Non si tratta di Biden. Si tratta di un Paese più giusto. Quando è stato eletto Barack Obama, ci sono state tante chiacchiere, sul fatto che l’America aveva voltato pagina, che eravamo una società post-razziale, e tutti questi americani bianchi che avevano votato per Obama, ma poi la storia è emersa e anche Obama ne parla nella sua nuova biografia. Cosa vediamo con l’elezione di Barack Obama?
Assistiamo alla decimazione del Voting Rights Act da parte della Corte Suprema. Vediamo il passaggio di leggi sulla soppressione degli elettori in tutto il Paese, e il vetriolo del Tea Party. La gente diceva fosse ansia economica invece era ansia razziale. Lo abbiamo visto con la crescita dei gruppi di suprematisti bianchi. E poi Donald Trump è emerso attraverso i dubbi sulla nazionalità di Obama, la legittimità di questo uomo di colore ad essere alla Casa Bianca. Mentre Obama è in carica, crescono i suprematisti bianchi. Donald Trump entra e sfrutta tutto. Si tratta di appelli espliciti al risentimento dei bianchi e degli anziani bianchi. Ciò che dagli anni ’60 non poteva più essere detto, Trump l’ha posto al centro del nostro corpo politico.
Ora Trump possiamo rimetterlo nella bottiglia, ma ormai ha infettato il corpo politico. Bisogna essere aggressivi, negandogli qualsiasi forma di legittimità, ed è pericoloso ciò che stiamo sentendo dal Partito Democratico. Vogliono lavorare con persone che non chiamano nemmeno Joe Biden per congratularsi con lui che ha vinto. Non possiamo giocare con le persone che hanno reso possibile tutto questo. I Democratici devono proporre politiche che cambino radicalmente le condizioni di vita degli americani, e ciò cambierà radicalmente il modo in cui funziona la nostra economia. Si tratta di cambiare il sogno americano, cambiare il nostro contratto sociale che è a brandelli, ne serve uno nuovo.
Si richiede molta comprensione per Trump, in questo momento, e per i bianchi spaventati.
Uno degli aspetti più frustranti dell’essere neri negli Stati Uniti è dover convincere i bianchi che ciò che ci sta accadendo è reale. Perché per loro ammettere che ciò che sta accadendo è effettivamente reale significa ammettere la loro complicità. Questa negazione ha fatto parte delle relazioni razziali americane sin dall’inizio. Non siamo noi, sei tu. Ti meriti di essere schiavo, sei meno che umano, non hai la capacità mentale. Meriti la violenza della polizia, sei incline alla criminalità, sei una minaccia. Io rifiuto questa storia.
Quindi finché avremo al centro della nostra immaginazione politica, questa classe operaia bianca, di maschio eterosessuale, la nostra politica si piegherà all’indietro. Ma i cambiamenti demografici in America richiedono che cambi drastici, come fondamento di un modo diverso, non tanto incentrato sulla figura del maschio eterosessuale bianco, appartenente a una classe operaia bianca idealizzata, ma piuttosto per avere la piena diversità di chi siamo al centro della nostra immaginazione politica.
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