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Eccidio di civili in Burkina Faso, militari e ausiliari sotto accusa

Eccidio di civili in Burkina Faso, militari e ausiliari sotto accusaUn murale che ricorda la strage nelle strade di Ouagadougou, Burkina Faso – Ap

Il massacro del 25 febbraio: 223 vittime, tra cui 56 bambini Secondo le testimonianze raccolte in un rapporto di Human Rights Watch i soldati hanno cominciato a far uscire tutti gli abitanti dalle loro case e a giustiziarli a sangue freddo perché considerati «terroristi»

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 28 aprile 2024

L’esercito burkinabé è ancora una volta accusato di violenze contro la popolazione civile. In base alle testimonianze raccolte in un suo nuovo rapporto, Human Rights Watch pubblicato sostiene che almeno 223 abitanti – tra di loro 56 bambini – sono stati «massacrati per ritorsione» nella provincia di Yatenga (nord) lo scorso 25 febbraio in due differenti villaggi: Soro e Nondin.

Quel giorno numerosi miliziani hanno effettuato diversi attacchi contro le forze di sicurezza nelle basi di Tankoualou (est), Kongoussi (centro-nord) e Ouahigouya (nord). Secondo Hrw, quest’ultimo assalto, compiuto da membri del Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim), affiliato ad Al-Qaeda, ha portato a una violenta ritorsione contro i villaggi di Nondin e Soro, situati a una ventina di chilometri dal luogo dell’attentato.

Basandosi su decine di testimonianze, fotografie e video condivisi dai sopravvissuti, Hrw è riuscita ha ricostruito i tragici eventi: alle 8,30 del mattino più di 100 soldati burkinabé e Volontari della Patria (Vdp, ausiliari civili) sono arrivati su moto e pick-up a Nondin, dopo il violento attacco jihadista – 15 vittime – contro la base di Ouahigouya.
Nelle loro uniformi color ocra, caratteristiche delle forze armate del paese – utilizzate anche dalle Vdp, principali indiziate del massacro – i soldati hanno cominciato a far uscire tutti gli abitanti dalle loro case e a giustiziarli a sangue freddo perché considerati «terroristi». Cinque chilometri più in là, a Soro, il macabro scenario che si è ripetuto.

Anche se il rapporto ha fatto luce su questi atti orribili, le autorità burkinabé sono rimaste in silenzio sulla questione, come già avvenuto in passato con la strage di Karma (160 vittime) e quella di Zaongo (90 vittime). Solo in questi giorni hanno promesso l’apertura di un’inchiesta ufficiale.

«Le autorità hanno spesso annunciato indagini dopo abusi o massacri perpetrati dalle forze di sicurezza. Ma non c’è mai stata alcuna condanna. Con i civili vittime sia delle violenze jihadiste che delle forze di sicurezza che dovrebbero difenderli» ha dichiarato all’agenzia Afp Carine Kaneza Nantulya, vicedirettrice di Hrw. Nel corso del 2023 sono state uccise almeno «8mila persone tra civili e militari», stima l’Ong Acled.

Mai la guerra al terrorismo ha causato così tante vittime nel paese, flagellato dalla violenza jihadista dal 2015 e con oltre 2 milioni di profughi interni. L’attuale presidente della transizione, il capitano Ibrahim Traoré, che ha fatto del «miglioramento della situazione della sicurezza» la sua priorità, ha annunciato l’anno scorso il reclutamento di 50mila nuovi ausiliari delle Vdp. Un sistema che, secondo numerose associazioni della società civili, «non ha risposto all’emergenza in un paese controllato al 40% da gruppi terroristici, ma ha causato maggiori violenze tra le diverse comunità», con ulteriori perplessità sul coinvolgimento dei mercenari russi dell’Africa Korps (ex Wagner) nelle prime missioni contro obiettivi jihadisti.

«Queste stragi ci fanno comprendere quanto la strategia di rappresaglie contro i civili, come mezzo di dissuasione dal sostenere i jihadisti, sia fallimentare in Burkina Faso come in Mali – ha indicato a France24 l’esperto di Sahel, Wassim Nasr -, perché vediamo che il reclutamento nelle file dei gruppi jihadisti sia in costante ascesa e porti ad una situazione in cui, paradossalmente, i miliziani finiscono per presentarsi come difensori delle popolazioni civili».

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