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È questo il tempo di trovare un’intesa tra Pd e 5 Stelle

Elly Schlein e Giuseppe ConteElly Schlein e Giuseppe Conte – Lapresse

Opposizione Il M5S continua ad essere, per molti aspetti, un oggetto misterioso. Tutti i sondaggi da mesi segnalano la sostanziale stabilità dei consensi, intorno al 16%; mentre, d’altra parte, tutte le […]

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 6 ottobre 2023

Il M5S continua ad essere, per molti aspetti, un oggetto misterioso. Tutti i sondaggi da mesi segnalano la sostanziale stabilità dei consensi, intorno al 16%; mentre, d’altra parte, tutte le elezioni locali e regionali hanno confermato la radicale debolezza del Movimento su questo fronte.

Per quanto se ne sa, molto difficile e faticoso si sta rivelando il tentativo di costituire quei gruppi territoriali che dovrebbero radicare localmente il partito. Sul piano politico, non emergono molte tracce di una qualche dialettica interna al gruppo dirigente: il M5S si configura sempre più come un partito dalla leadership fortemente personale. Conte ha saputo conservare gli alti livelli di popolarità acquisiti durante i suoi governi e su questa base costruisce i suoi messaggi diretti all’opinione pubblica. Tuttavia, limitarsi a definire populisti Conte e il M5S è del tutto fuorviante. I critici e i diffidenti e tutti coloro che non riescono a capacitarsi del perdurante consenso che riscuote, trascurano un semplice dato di fatto: se guardiamo alla vicenda politica italiana degli ultimi dodici anni, segnata da governi tecnici e maggioranze anomale, il M5S è l’unica forza che può rivendicare di fronte ai propri elettori i risultati, parziali ma concreti, della propria presenza al governo. Ha «portato a casa» alcuni punti (in primo luogo, il reddito di cittadinanza) che hanno cementato la sua credibilità nel rapporto con alcuni settori dell’elettorato. Tutto ciò permette di considerare il M5S, sempre più, come un partito single issue, ossia un partito che costruisce la sua identità su alcune singole bandiere programmatiche, senza curarsi troppo di offrire una qualche visione d’assieme.

È qui che sorgono molti interrogativi sulle strategie con cui pensare una possibile alternativa alla destra. Il M5S ha una qualche idea a tal proposito? Possiamo provare solo a fare alcune congetture, chiedendoci innanzi tutto: perché Conte, appena ne ha l’occasione, non manca mai di dire il M5S non pensa proprio ad «alleanze organiche» con il Pd? Perché è infido e ambiguo? No: il fatto è che Conte probabilmente conosce bene il tipo di elettori su cui può contare: elettori, quelli di oggi, che in gran parte hanno votato a sinistra in passato, ma che hanno maturato una profonda rottura con tutto ciò che ha fatto e rappresentato il Pd. Una disconnessione profonda, che non è facile rimarginare (e su cui dovrebbero riflettere quanti, dentro il Pd, bellamente continuano a sorvolare sui disastri combinati nell’ultimo decennio). Un tipo di elettorato, inoltre, diffidente verso la «politica» in generale, e caratterizzato da legami identitari deboli, anche verso lo stesso M5S.

Se questa analisi ha un qualche fondamento, cosa dobbiamo attenderci da qui alle elezioni europee e poi a quelle politiche? Poco o nulla: sia il Pd che il M5S saranno impegnati a cercare un allargamento delle proprie basi di consenso, e si può solo sperare che lo facciano senza troppa acrimonia reciproca, rivolgendosi ciascuno a segmenti diversi di potenziale elettorato e al bacino dell’astensionismo. Ma risulterà credibile, poi, quando sarà il momento, alla vigilia delle elezioni politiche (a legge elettorale invariata), tentare un qualche accordo (almeno elettorale), ammesso che ci si riesca? Stando così le cose, è difficile rispondere positivamente. Ma è ancora possibile prendere tempo e restare nel vago, senza indicare una qualche prospettiva politica? Qualcosa deve essere pur detto e fatto, nel frattempo.

L’atteggiamento di Conte si fonda sulla convinzione che la diversità e l’autonomia del M5S non possono essere offuscate da patti politici troppo vincolanti. Se ne possono comprendere le ragioni, ma questa posizione – di per sé – rischia di rivelarsi alla lunga debole e insostenibile, specie se un Pd rinnovato saprà incalzare con una coerente offensiva unitaria. E tuttavia, proprio l’analisi della vicenda del M5S può suggerire una via d’uscita: Conte potrebbe e dovrebbe cominciare ad esercitare una sorta di pedagogia politica nei confronti dei propri riluttanti e volatili elettori. In fondo, si può anche riproporre un argomento a cui il M5S ha fatto ricorso più volte per giustificare persino l’accordo con la Lega: eravamo e siamo autonomi e diversi, ma gli accordi si possono rivelare necessari e utili per ottenere dei risultati. Si deve arrivare solo alla vigilia delle elezioni per fare questo discorso, quando potrebbe essere oramai troppo tardi e risultare quindi poco credibile?

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