È libera la giornalista che si è ribellata alla propaganda russa
Effetto Ucraina Marina Ovsyannikova aveva interrotto il tg di stato protestando contro la guerra. Dovrà pagare una multa di 30.000 rubli
Effetto Ucraina Marina Ovsyannikova aveva interrotto il tg di stato protestando contro la guerra. Dovrà pagare una multa di 30.000 rubli
Nella foto che ieri ha fatto il giro dei social di tutto il mondo Marina Ovsyannikova accenna un sorriso al fianco del suo avvocato: poche ore dopo la dipendente della tv russa Channel One che martedì aveva fatto irruzione negli studi del telegiornale con un cartello di protesta contro l’invasione dell’Ucraina è stata condannata a pagare una multa di 30.000 rubli per aver organizzato un evento pubblico non autorizzato.
Un enorme sollievo dopo che per quasi un’intera giornata della giornalista si erano perse le tracce, e si temeva che potesse venire incriminata ai sensi della nuova legge emanata nel Paese per colpire – con pene fino a 15 anni di carcere – chiunque diffonda notizie diverse dalla versione ufficiale del Cremlino. Come nota la Bbc, per i milioni di spettatori di Channel One, o perlomeno per coloro che non hanno accesso a un’informazione indipendente sempre più soffocata dal regime, si trattava della prima volta in cui sulla tv di stato che ripete il mantra putiniano dell’«operazione militare speciale di denazificazione» appariva la stessa parola guerra – il cartello che Ovsyannikova ha esibito passando alle spalle della presentatrice recitava «Fermate la guerra. Non credete alla propaganda. Vi stanno mentendo».
I MEDIA che tentano di sopravvivere alla censura e alla persecuzione pur facendo un minimo di informazione, come Novaya Gazeta, hanno oscurato il contenuto del cartello lasciando intravedere solo la frase «Non credete alla propaganda», per timore di poter essere incriminati a propria volta, mentre stampa e tv ufficiali hanno ignorato la notizia e il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov ha liquidato la protesta come un atto di teppismo. Dopo la sua udienza in tribunale, Ovsyannikova ha detto ai reporter sul posto di essere stata detenuta e interrogata per 14 ore senza poter parlare con i suoi legali o i suoi cari. In quelle ore in cui la sua sorte era ancora sconosciuta, attraverso il sito del gruppo per la difesa dei diritti umani Ovd-Info ha circolato anche un video registrato dalla giornalista in cui dichiara la sua vergogna per aver lavorato per Channel One, diffondendo la «propaganda del Cremlino», e incita i russi a manifestare contro «una guerra fratricida»: «Non possono imprigionarci tutti». «Mi vergogno del fatto che mi sia stato consentito di mentire sullo schermo televisivo. Di aver contribuito alla ’zombificazione’ del popolo russo. Siamo rimasti zitti nel 2014 quando tutto questo stava appena cominciando. Non siamo usciti a protestare quando il Cremlino ha avvelenato Navalny».
E PROPRIO per l’oppositore di Putin detenuto dal gennaio 2021 – quando aveva fatto ritorno a Mosca dopo la sua degenza a Berlino – la pubblica accusa ha chiesto ieri 13 anni di carcere (da scontare di una prigione di massima sicurezza) per le nuove accuse di frode rivoltegli in un altro processo cominciato a gennaio. All’epoca i suoi legali avevano denunciato proprio come la crisi ucraina stesse contribuendo a oscurare la persecuzione nei suoi confronti: lo stato lo accusa di appropriazione indebita di fondi destinati alla sua organizzazione anti-corruzione, FBK, che aveva reso pubblica l’esistenza di una sontuosa villa di proprietà di Putin del valore di più di un miliardo di euro. Il processo è in corso nella colonia penale di Vladimir, a oltre tre ore di macchina da Mosca, scelta anch’essa denunciata dal suo team legale e dai familiari come un tentativo di far calare il buio sulla sua sorte: «Le autorità vogliono nasconderlo dalla gente, dai suoi sostenitori, dai giornalisti», aveva scritto sua moglie Yulia Navalnaya su Instagram.
LE MANIFESTAZIONI contro la guerra invocate da Ovsyannikova intanto continuano, anche se il dissenso è sempre più compresso: Ovd-info riporta che le detenzioni per attività di protesta sono ormai quasi 15.000 dal 24 febbraio, mentre solo la prossima settimana sono in programma ben 10 processi penali per accuse politiche. E la protesta contro la guerra in queste settimane si è manifestata anche attraverso la lista sempre più lunga di musicisti che cancellano le tappe russe dei loro tour: dai Green Day ai Franz Ferdinand, gli Iron Maiden, i Killers e Nick Cave con i Bad Seeds, che sulla loro pagina Instagram postano un comunicato di solidarietà con il popolo ucraino: «Ucraina, stiamo con te, e con tutti coloro che in Russia si oppongono a questo atto brutale», una «guerra senza senso». Fra i dissidenti anche un popolare rapper russo, Oxxxymiron, che dopo l’invasione dell’Ucraina ha prima cancellato i suoi concerti già sold out a Mosca e poi annunciato una serie di show di beneficenza a Istanbul – il primo già ieri -, il cui ricavato andrà ai rifugiati ucraini.
Sul fronte sportivo intanto il Tas di Losanna ha respinto il ricorso presentato dalla Federazione russa: è così confermata l’esclusione delle squadre russe dalle competizioni europee – sull’esclusione della nazionale dai playoff di qualificazione per i mondiali in Qatar la sentenza del tribunale svizzero è invece attesa per la prossima settimana: ma il capitano della nazionale Artem Dzyuba – che ha parenti in Ucraina – ha già chiesto di non essere convocato.
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