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E la banca disse: «Accettate la povertà»

E la banca disse: «Accettate la povertà»

Economia inglese L’economista capo della Banca d’Inghilterra Huw Pila a proposito del deprimente quadro socioeconomico attuale della Gran Bretagna, contraddistinto da inflazione al 10,1%, crescita comatosa, food banks e scioperi a tutto spiano

Pubblicato più di un anno faEdizione del 27 aprile 2023

«Ci troviamo di fronte alla riluttanza ad accettare che, sì, stiamo tutti peggio, e tutti dobbiamo fare la nostra parte». È quanto ha detto l’economista capo della Banca d’Inghilterra Huw Pill a proposito del deprimente quadro socioeconomico attuale della Gran Bretagna, contraddistinto da inflazione al 10,1%, crescita comatosa, food banks e scioperi a tutto spiano. Difficile che tanto ecumenismo includa il monarca, la cui fortuna personale è stata appena stimata dal Guardian a tre miliardi di euro e il cui coronamento imminente ne costerà – all’erario – altrettanti 130 milioni. E forse nemmeno il Pill medesimo, che veleggia attorno ai 200mila euro l’anno.

Secondo Pill – uscitosene in cotale, avventata guisa martedì – l’inflazione continuerà il suo galoppo se le aziende non si rassegnano a subire una riduzione sui propri margini di profitto e i dipendenti non si faranno una ragione del declino del loro potere d’acquisto (leggi: non la pianteranno di chiedere aumenti di stipendio). La dichiarazione, cautamente formulata in modo da spuntare anche la casella di imprese e relativa, sfrenata avidità, serve in primis da monito alle agitazioni di quasi tutte le categorie professionali – pubbliche e private – che lottano per uno stipendio che arrivi a coprire tutto il mese, in un quadro contraddistinto dall’offensiva monetaria della Banca d’Inghilterra, che a marzo ha ulteriormente alzato i tassi di interesse al 4.25%.

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È la solita filastrocca della spirale prezzi-salari, una lettura di classe della crisi attuale peraltro abbondantemente smentita da istituzioni non proprio votate alla strenua difesa del lavoro, come il Fmi e la Bce.

Che evita sommessamente il reale fenomeno in atto, denominato, secondo l’ossessione per le crasi che imperversa in queste isole, greedflation (inflazione da cupidigia): la tendenza delle imprese nelle economie “sviluppate” – leggi ultra-neoliberiste – come l’americana e la britannica a usare l’impennata dei costi di produzione e di materie prime innescata dalla fine della pandemia e dalla guerra in Ucraina (costi ora in recessione) come scusa per aver fatto impennare i prezzi aumentando i propri margini di profitto attraverso la crescita di margine di ricarico (markup growth), ovvero l’aumento del rapporto fra il prezzo imposto da un’azienda a un prodotto e il suo costo di produzione.

Questo spiega perfettamente perché l’inflazione britannica continui a gonfie vele anche se i prezzi di energia e materie prime sono calati. Ed è moneta corrente tra i banchieri come Albert Edwards, global strategist della banca francese Société Générale: secondo lui, se non si argina l’avidità del capitale le risultanti «inquietudini sociali» potrebbero portare a una «fine del capitalismo».

Quello che Pill, fante nella guerra di attrizione del capitale al lavoro, e il suo capo, il governatore della Banca d’Inghilterra Andrew Bailey dovrebbero fare è ovviamente un appello a calmierare i prezzi, ma verrebbero meno alla loro funzione storica: difendere i forti dalla sopravvivenza dei deboli.

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