E Di Maio diserta la tv
5 Stelle Paola Taverna assicura di avergli mandato una mail per informarlo dell’indagine su Paola Muraro, e minaccia di mostrarla se lui dovesse negare
5 Stelle Paola Taverna assicura di avergli mandato una mail per informarlo dell’indagine su Paola Muraro, e minaccia di mostrarla se lui dovesse negare
Da Politics, dove avrebbe dovuto inaugurare in veste di primo ospite il talk di Raitre condotto da Gianluca Semprini, a Chi l’ha visto? Luigi Di Maio è scomparso. Non solo ha deciso di disertare lo schermo, ma ha evitato anche di esternare dopo la riunione-fiume dei direttori e mini-direttori che si è prolungata per tutto il giorno a Montecitorio. Il fischio nelle sue orecchie però deve essere stato davvero assordante. Proprio il caso Di Maio, in effetti, è stato uno degli argomenti fissi del summit. Ci sarebbe una mail, indirizzatagli dal mini-direttorio romano a tempo debito, per informarlo dell’indagine a carico dell’assessora Paola Muraro. Un bel guaio perché a questo punto chi sapesse e chi no dell’incresciosa indagine rischia di diventare un mistero che coinvolge l’intero Movimento.
Il Campidoglio smentisce: mai detto niente a Di Maio. Smentita irrilevante, dal momento che a inviare la mail non sarebbe stata la sindaca Virginia Raggi ma Paola Taverna, che minaccia di mostrare la mail del mistero qualora Di Maio dovesse negare. La stessa Taverna e Stefano Vignaroli, entrambi artefici della nomina di Muraro, come anche gli altri due membri del direttorio romano, Massimo Castaldo e Gianluca Perilli, erano a loro volta stati messi al corrente del guaio dalla sindaca. Per questo, lunedì, la Raggi aveva assicurato di aver avvertito i suoi “superiori”, salvo poi chiarire che con Di Maio e Beppe Grillo aveva preferito tacere.
Solo che anche nel silenzio del mini-direttorio qualcosa, anzi molto di strano c’è. La sindaca può affermare di aver comunicato il fattaccio seguendo le vie gerarchiche. Ma come mai la non secondaria notiziola si è poi arenata lì? Poi, è proprio vero che nessuno del direttorio era al corrente? Di Luigi Di Maio si è già detto. Carla Ruocco è stata la prima a smentire di saperne qualcosa già lunedì, a botta caldissima, via twitter. E Alessandro Di Battista? Neppure lui ieri all’inizio della riunione fiume era a Montecitorio, assente giustificato però. Era impegnato nel tour alla Easy Rider in giro per l’Italia, atteso a Ischia dai militanti comprensibilmente smarriti. Ha preferito voltare la moto e divorare la strada fino a Roma: «Ci sono problemi lì, meglio tornare». Con tante scuse agli «attivisti di Ischia» e la promessa di rimediare comparendo al più presto. «A riveder le stelle»: parole sue.
La situazione, a metà tra il giallo e la pochade, basta e avanza a chiarire quanto le tensioni interne al gruppo dirigente a cinque stelle, le alleanze mutevoli, i tentativi di condizionamento, gli schieramenti trasversali abbiano pesato e condizionato negativamente l’avvio della Giunta Raggi. Roberta Lombardi, la ras romana messa all’angolo dalla Raggi, per dirne una, non perde un secondo per cogliere l’occasione e lanciarsi al contrattacco con un lungo post Fb che poteva essere sintetizzato in una più concisa richiesta di resa incondizionata: «Ammettere gli errori, chiedere scusa, mandare via chi con il M5S non c’entra nulla e mai c’entrerà nulla». Posizione ripresa nell’essenziale dall’intero direttorio.
Che questo stato di diffidenza reciproca e di guerriglia strisciante ma permanente abbia inciso a fondo sul percorso iniziale del Campidoglio è certo. Ma è a sua volta un prodotto dei limiti con i quali si è costituito, quasi informalmente, il gruppo di testa nazionale dell’armata pentastellata, dei confini ambigui e incerti dei suoi compiti, della fumosità che circonda il suo mandato. La crisi innescata dal caso Muraro non è una faccenda circoscritta nella Capitale ma riguarda, volente o nolente, l’intero Movimento.
Nessuno lo sa meglio del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, che si trova da mesi in un limbo che dimostra anch’esso i limiti della struttura a cinque stelle. Di fronte alle telecamere di Sky-Tg24 affonda la spada fino all’elsa: «Penso che vada fatta una riflessione sui risultati raggiunti e che il direttorio vada cambiato. Sono passati due anni e non è mai stato chiaro il metodo con cui lo si cambia».
Grillo e Casaleggio jr. non possono certo dare ragione ora al sindaco visto già da un pezzo come nemico interno. Ma è certo che in tempi stretti il fondatore dovrà rivedere profondamente la struttura del suo Movimento. La vera prova di per capire se le cinque stelle possono sopravvivere alla scomparsa del loro vero capo, Gianroberto Casaleggio, sarà questa.
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