«Siamo finalmente pronti a spazzare via questa sinistra», tuona il sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon mentre la destra presenta il suo candidato alle regionali del Lazio Francesco Rocca. Che, a sua volta, parla già da presidente eletto e sferra fendenti al rivale del Pd Alessio D’Amato sul tema della sanità dicendo che i cittadini del Lazio devono emigrare per farsi curare.

Nel frattempo le firme sotto l’appello lanciato lunedì da Fabrizio Barca a Pd e M5S (pubblicato dal manifesto) per evitare un «suicidio» nelle urne del 12 e 13 febbraio crescono di minuto in minuto: ieri sera hanno raggiunto quota 1400. Centinaia di persone comuni, anche simpatizzanti del M5S: precari, pensionati, operai, studenti. Tutti si chiedono: «A che scopo votare sapendo di perdere?». Molti annunciano che diserteranno le urne.

Un appello che arriva quando manca meno di una settimana allea presentazione delle liste. E tuttavia dal chiaro significato politico: la divisione delle forze progressiste «renderebbe inutili le elezioni regionali».

«Non è troppo tardi per evitare errori come quelli che sono stati fatti alle politiche, si può cambiare idea anche il giorno prima della consegna delle liste», spiega Francesco Boccia, responsabile enti locali del Pd. «Il nostro candidato Alessio D’Amato fa bene a tenere le porte aperte al M5S, e le prime parole di Rocca sulla sanità dimostrano l’arroganza di una destra che portò la sanità del Lazio al crac e ora pretende di tornare sul luogo del delitto dopo che Zingaretti ha rilanciato la regione».

Secondo Boccia, «Barca ha ragione, ogni appello all’unità dei progressisti è utile anche perché il confronto con la destra sarà proprio sulla sanità, non su temi come i rifiuti che ci vedono divisi ma che non sono di competenza della regione». Il segretario del Pd Lazio Bruno Astorre è laconico: «Magari si potesse fare un’alleanza, se la partita fosse in mano al livello regionale con il M5S avremmo già chiuso l’accordo. Purtroppo c’è stato un veto di Conte».

In casa M5S non ci stanno: accusano il Pd di aver scelto il candidato presidente con Renzi e Calenda e di aver poi preteso un sì a cose fatte, una sorta di sudditanza del Movimento. A Campo Marzio fervono i preparatici per lancio della candidatura della conduttrice di «Linea Blu» Donatella Bianchi, la prossima settimana. Nessuno spazio per ripensamenti.

Le destre invece non vanno tanto per il sottile. Ieri a palazzo Ripetta sfilata di big per Rocca, con messaggi dei leader Meloni, Salvini e Berlusconi. «Il Lazio ha bisogno di cambiare pagina e di scrivere la parola fine ad anni di scelte sbagliate e contro l’interesse dei suoi cittadini», il parere della premier. «Dopo il malgoverno di sinistra, dal 13 febbraio Rocca porterà una nuova ondata di cambiamento», dice Salvini.

«Le chiacchiere sulle divisioni interne io non le ho mai sentite. Ho avuto sostegno da tutti», sussurra il candidato, che esprime dubbi sul termovalorizzatore voluto da Gualtieri: «Da solo non è la risposta, meglio puntare sulla differenziata, e poi ho fortissimi dubbi sull’ubicazione sull’Ardeatina, che penalizza un territorio meta di pellegrinaggi verso il Divino Amore».

Previsto un ruolo in squadra per Arianna Meloni, sorella della premier. Imbarazzo nella Lega sui rifiuti, poi Rocca si corregge: «Mai detto no al termovalorizzatore, ma servono impianti proporzionati e con la giusta ubicazione».

D’Amato replica sulla sanità: «Prima di parlare, Rocca studi i dati, siamo tra le regioni più attrattive per i flussi di mobilità sanitaria, tutto il contrario di ciò che dice». E Calenda fulmina il candidato delle destre: «È il nuovo Michetti». Un Michetti che stavolta, salvo miracoli, farà l’impresa.