Duecento famiglie «invadono» l’assessorato capitolino
Emergenza casa Movimenti e sindacati chiedono un confronto. Sempre irrisolto il nodo «rifugiati»: la ricetta della sindaca Raggi sembra ricalcare quella del ministro dell'Interno Minniti
Emergenza casa Movimenti e sindacati chiedono un confronto. Sempre irrisolto il nodo «rifugiati»: la ricetta della sindaca Raggi sembra ricalcare quella del ministro dell'Interno Minniti
Una scena simbolica non da poco: duecento famiglie di diversi quartieri popolari di Roma hanno invaso ieri l’assessorato patrimonio e alla casa del Comune, un pezzo della giunta grillina che arrivò in Campidoglio proprio spinta dai voti delle periferie dimenticate. «Il degrado, l’abbandono e la cattiva gestione del patrimonio pubblico non sono colpa degli inquilini»: hanno detto chiedendo un tavolo di confronto sulla gestione delle case. Con loro c’era Asia, l’associazione di inquilini e assegnatari della federazione Usb. Hanno chiesto di incontrare l’assessore Rosalba Castiglione, che giusto una settimana fa aveva relazionato sul tema dell’emergenza abitativa in consiglio comunale, lasciando largamente insoddisfatti i movimenti per il diritto all’abitare e i sindacati degli inquilini, presenti in aula e protagonisti di una rumorosa contestazione.
La reazione di Castiglione, ancora ieri, è stata gelida. Al telefono, trasmessa in viva voce, ha negato ogni dialogo e intimato lo sgombero degli uffici. A quel punto, i cittadini si sono rivolti a Virginia Raggi. E il vice-capo gabinetto della sindaca ha mediato con l’assessora, fissando un incontro per il prossimo 8 novembre.
L’emergenza casa è sempre stata occasione di business. Nelle settimane scorse, l’amministrazione ha diffuso un bando, che si chiuderà a giorni, scritto apposta per reperire 800 alloggi destinati ai casi più gravi di emergenza abitativa. Parrebbe una buona notizia, soltanto che la giunta ha aperto alla possibilità di affittare le case a prezzo di mercato, lanciando una sponda inattesa ai costruttori e ai grandi proprietari che in questi anni hanno costruito a dismisura case poi rimaste inutilizzate.
Allo stesso modo, Castiglione ha puntato tutta la sua dichiarazione d’intenti sul «ripristino della legalità», agitando casi clamorosi di abusivismo e occupazioni di abitazioni popolari da parte di cittadini benestanti senza offrire una possibilità di soluzione alle migliaia di romani in attesa di alloggio. «Questa amministrazione continua a parlare di passate giunte per scrollarsi dalle responsabilità a cui è chiamata, ma alle quali non riesce a far fronte – ha spiegato Guido Lanciani dopo l’ultima assemblea capitolina segretario romano dell’Unione inquilini – Abbiamo delle idee immediatamente praticabili per superare la precarietà abitativa, ma un confronto sembra impossibile».
Insomma, pare che sulla questione la giunta grillina si limiti a ratificare le linee guida impartite dal ministro dell’interno Marco Minniti e poi pubblicamente apprezzate da Virginia Raggi all’indomani dello sgombero dei rifugiati eritrei di piazza Indipendenza. È passato quasi un mese da quegli eventi e l’elenco dei palazzi occupati da rifugiare con priorità continua a circolare, ricalcato sulla lista definita nella delibera stilata dall’ex commissario straordinario Francesco Paolo Tronca, che entrò in Campidoglio all’indomani della caduta di Ignazio Marino.
Uno dei posti a rischio è al centro di un’insistente campagna a mezzo stampa che ne chiede lo sgombero. Si trova in via Carlo Felice 69, a due passi da piazza San Giovanni. Vi abitano 40 nuclei familiari, tra di essi anche in questo caso diversi eritrei, e dalle vetrine che affacciano sulla strada si scorgono le attività del centro sociale Sans Papiers, attivo ormai da tredici anni. Il palazzo è della Banca d’Italia, vorrebbero sgomberarlo perché «pericolante». Solo che, denunciano gli occupanti, nessuna perizia certifica questa condizione. «All’indomani del terremoto del 2016, vennero a fare un controllo i vigili del fuoco – spiegano al manifesto – In quell’occasione dissero che il palazzo non si trovava in condizioni pessime e addirittura si complimentarono per alcuni lavori che avevamo fatto nei sotterranei». Da posti come questo, situati dentro le mura storiche dai quali si vorrebbero espellere i poveri, passa l’attuazione della dottrina Minniti-Raggi.
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