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Due famiglie decimate a Khan Younis. Raid in un ospedale a nord

I resti degli edifici di Khan Younis distrutti ieri dall’aviazione israelianaI resti degli edifici di Khan Younis distrutti ieri dall’aviazione israeliana – Epa/Haitham Imad

La cacciata Non si arresta la furia dei bombardamenti israeliani in tutta Gaza. 72 palestinesi uccisi in poche ore. Morti anche 13 soldati. Oms: «Al Kamal Adwan è il caos. Pazienti e feriti hanno completamente sopraffatto il personale»

Pubblicato 2 giorni faEdizione del 26 ottobre 2024
Michele GiorgioGERUSALEMME

Alcuni rovistavano tra le macerie per recuperare abiti e qualche documento importante. I bambini cercavano i giocattoli. Altri speravano di cogliere segni di vita da chi era rimasto sotto le macerie. Per tutto il giorno, i sopravvissuti delle famiglie Al Farra e Sohb hanno girato intorno e sopra le macerie delle loro case a Khan Yunis bombardate dall’aviazione israeliana. Le bombe hanno ucciso 38 persone, tra adulti e minori, delle due famiglie. Numerosi altri sono rimasti feriti e diversi di loro lottano tra la vita e la morte all’ospedale Nasser dove i medici con il poco che hanno a disposizione fanno tutto il possibile per salvarli.

Per tre bambini non c’è stato nulla da fare. I loro piccoli corpi erano ieri sul pavimento di una sala dell’ospedale avvolti in uno stesso sudario bianco accanto a adulti morti.  Ahmed Sobh ha raccontato ai giornalisti di Gaza di suo cugino che disperato chiedeva soccorso per i figli in una delle case colpite. «Gridava: aiutatemi, aiutatemi» ha riferito «Siamo corsi e dopo un po’ abbiamo trovato i figli, purtroppo morti. Uno di loro giaceva sotto una colonna di cemento, ci abbiamo messo un’ora e mezza per tirarlo fuori».

All’agenzia Reuters Ahmed al Farra, famiglie tra le più ampie di Khan Yunis, ha raccontato di aver trascorso ore a estrarre i corpi di 15 parenti uccisi dalle macerie. «Mentre cercavo mia madre, ho visto un carro armato che puntava nella mia direzione. Ho pensato ‘scavo o tengo d’occhio il carro armato’, cosa devo fare? Nonostante la paura sono riuscito a recuperare il corpo di mia mamma», ha detto. Tra le vittime dei bombardamenti c’è anche Hasan Sobh, operatore umanitario di Medici senza frontiere.

Un collega ha raccontato sui social che Sobh la scorsa settimana aveva deciso di lasciare la sua tenda nella zona vicina di Mawasi, dove era sfollato, per tornare a Khan Younis. Non è il primo membro palestinese di Msf ad essere ucciso a Gaza.

La strage di Khan Yunis è seguita al bombardamento che giovedì sera ha polverizzato una dozzina di edifici nel Blocco 7 del campo profughi di Jabaliya, nel nord di Gaza da tre settimane sotto assedio dell’esercito israeliano.

Un bilancio ufficiale delle vittime non si è ancora avuto, ma le autorità sanitarie locali parlavano ieri di 150 tra morti e feriti.

Le truppe israeliane hanno fatto irruzione nell’ospedale Kamal Adwan, nel nord della Striscia. Un medico, Eid Sabbah, ha raccontato che carri armati hanno aperto il fuoco danneggiando i depositi di ossigeno. I soldati hanno poi ordinato al personale e ai pazienti di andarsene e hanno effettuato decine di arresti.

Mio cugino chiedeva aiuto. Siamo corsi e dopo un po’ abbiamo trovato i figli morti. Uno di loro giaceva sotto una colonna di cementoAhmed Sobh

Abud Batah, 17 anni, un creatore di contenuti per media digitali, piuttosto noto a Gaza, era presente durante il raid all’ospedale. Ha raccontato che i soldati lo hanno arrestato insieme ad altri uomini. «Ci hanno portato verso est – ha detto – vicino alla recinzione di confine. Uno dei soldati mi ha riconosciuto e ha iniziato a insultarmi, mi ha detto che non mi avrebbe rilasciato. Più tardi è arrivato un ufficiale e ha deciso di liberarmi». Quando l’esercito si è ritirato, una delegazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) è arrivata al Kamal Adwan e ha evacuato 49 pazienti all’ospedale Shifa di Gaza City. «Al Kamal Adwan c’è caos e scompiglio. I reparti di emergenza sono stracolmi, pazienti e feriti hanno completamente sopraffatto il personale», ha riferito Rik Peeperkorn, rappresentante dell’Oms per i Territori palestinesi occupati.

La situazione nel nord resta disperata. Gli abitanti che non sono ancora scappati restano intrappolati in aree spianate dalle bombe, senza rifornimenti, con poca acqua e soggette al fuoco dei carri armati. Attacchi aerei su tre case di Beit Lahiya hanno ucciso 25 persone e ne hanno ferite decine.

Un altro raid, aggiungono fonti palestinesi, ha ucciso nove persone in fila per ricevere cibo nel campo di Shati portando a 72 il numero degli uccisi tra giovedì sera e ieri.

Il quadro però si sta complicando anche per le Forze armate israeliane che, se da un lato hanno il dominio dei cieli, dall’altro, sul terreno, subiscono perdite significative per gli agguati e le azioni di guerriglia di Hezbollah nel Libano del sud e di Hamas nella Striscia.

Nel giro di due giorni, i combattenti del movimento sciita hanno ucciso dieci ufficiali e soldati israeliani in territorio libanese e continuano a lanciare razzi. A questi si aggiungono tre soldati morti per l’esplosione di un ordigno nel nord di Gaza.

La decisione del governo Netanyahu di porre condizioni di fatto inaccettabili per la tregua in Libano e a Gaza ha avuto conseguenze catastrofiche per palestinesi e libanesi, ma allo stesso tempo sta anche trascinando Israele in difficile una guerra di logoramento. Senza dimenticare non c’è soluzione in vista per i 101 ostaggi israeliani a Gaza malgrado l’annunciata ripresa delle trattative domani in Qatar.

I soldati sono entrati nel Kamal Adwan e mi hanno arrestato. Non avevo fatto nulla, ma un militare mi ha riconosciuto e non voleva liberarmi Abud, content creator

Tra le vittime delle ultime ore ci sono anche due palestinesi d’Israele, un uomo e una donna, uccisi da un razzo di Hezbollah o, forse, da pezzi di un missile intercettore, caduto sul villaggio arabo di Majdal al Krum, in Galilea.

Non sono pochi i palestinesi tra i morti registrati sul versante israeliano del confine con il Libano. Uccisioni che si spiegano anche con la mancanza nelle case arabe di rifugi, presenti invece in quasi tutte le abitazioni nelle città popolate da israeliani ebrei.

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