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Due anni di Mediterranea. Casarini: «Oggi il problema è il nuovo governo»

Due anni di Mediterranea. Casarini: «Oggi il problema è il nuovo governo»Il rimorchiatore Mare Jonio fermo in porto

L'intervista Il processo a Salvini, le accuse a Pd e 5 Stelle, le proposte formulate con le altre Ong. Il capomissione fa il punto nel giorno del secondo compleanno dell'iniziativa: «Volevano affondarci la nave e portarci tutti in carcere, ma siamo ancora qui»

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 3 ottobre 2020

Tra Catania e Augusta ci sono solo 47 km. Nella città siciliana inizia oggi il processo all’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Nel paese situato lungo la stessa costa ma più a sud, è ormeggiata invece la nave della missione Mediterranea, che in questo 3 ottobre 2020 compie due anni. Avrebbe dovuto celebrare il compleanno in alto mare, ma sabato scorso ha ricevuto il divieto di imbarco di due figure necessarie ai soccorsi. Così la partenza è stata rimandata.

Come vedete il processo al leader leghista dalla banchina dove siete bloccati?

Intanto si tratta solo di un’udienza preliminare, bisogna capire se il processo si farà mai. Se si facesse, ci sarebbe un ex ministro che ha tentato di scappare dai tribunali riuscendoci sempre, fino a quando è caduto in disgrazia. Un ex potente dovrebbe rispondere per aver fatto del male a gente innocente per la sua propaganda elettorale. Comunque oggi il tema vero non è lui. La destra fascista e razzista usa l’udienza come palcoscenico, ma la questione più importante è un’altra: c’è un governo che ha dichiarato discontinuità da Salvini solo a parole, ma nei fatti blocca tutte le navi della «flotta civile» e persino l’aereo di monitoraggio Moobird. Da un lato c’è una messa in scena, dall’altro una realtà molto grave.

 

Tutta colpa di Pd e 5S?

Con il Recovery Fund l’Europa sta provando a mettere all’angolo i sovranisti, ma sul piano delle migrazioni le cose vanno in modo diverso. In Spagna, Malta e Italia si vede una linea “laburista” che non punta a creare un’alternativa ai sovranisti ma nasconde le strategie terribili di esternalizzazione della frontiera e criminalizzazione della solidarietà dietro parole molto suggestive. Come quelle pronunciate dalla ministra Lamorgese perfino davanti al papa, mentre in mare c’erano 200 morti e tutte le navi umanitarie bloccate. Nella presentazione del nuovo Patto europeo sulle migrazioni abbiamo sentito la Commissione europea interpretare la solidarietà come il sostegno ai rimpatri da parte degli stati che non vogliono accogliere. Il governo italiano ha responsabilità pesanti, ma il problema tocca diversi attori.

Nonostante le denunce penali, gli ostacoli amministrativi, i «porti chiusi» Mediterranea festeggia oggi il secondo compleanno. Qual è il bilancio?

L’ex ministro Salvini promise di non farci entrare in nessun porto, affondarci la nave e arrestarci tutti. Non è riuscito a fare nulla di tutto ciò. Mediterranea è stata capace di rompere l’accerchiamento nel momento più buio della fase precedente e oggi continua a resistere. Il bilancio è sicuramente positivo. Se vogliamo parlare di numeri possiamo citare le 400 persone salvate, ma le cifre dicono poco. Ognuna di quelle persone ha una storia diversa. È un essere umano con desideri, lacrime, sorrisi. Ha genitori, zii, nonni, figli. Una delle sfide più grandi è raccontare tutto questo perché la politica delle migrazioni responsabile di migliaia di morti agisce per deumanizzare queste persone. Trasforma tutto in soldi, numeri, accordi, carte bollate. Dobbiamo battere l’idea che tutto debba funzionare in rapporto ai numeri scambiati nelle borse o ai profitti accumulati nelle banche. La cosa più importante che abbiamo fatto con Mediterranea è stata affermare che la morte non è un incidente accettabile.

 

Oggi siete in piazza in diverse città con le altre Ong attive nel Mediterraneo per ricordare la strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013. Cosa chiedete al governo italiano?

Oltre a essere in piazza abbiamo firmato una dichiarazione congiunta che è importante perché rappresenta bene la straordinaria esperienza che stiamo facendo insieme come realtà europee. Con la flotta di soccorso civile stiamo costruendo dal basso un’altra Europa, mentre tutti ne parlano. All’esecutivo Pd-5Stelle chiediamo quattro cose. Primo, la fine di questo ostracismo burocratico e amministrativo di dubbia legalità che tiene bloccate le navi della società civile. Bisogna chiudere una pagina vergognosa per questo paese. Secondo, il riconoscimento politico del soccorso civile in mare. In Italia la protezione civile nasce dalle iniziative partite dal basso quando si sono verificati disastri come alluvioni o terremoti. Oggi il disastro è nel Mediterraneo. Anche l’Ue, invece di parlare di linee guida per limitare l’azione delle Ong, deve riconoscere politicamente il valore del soccorso civile. Non si può governare il mondo con l’ordine pubblico, bisogna costruire delle cose che lo tengano insieme. Il soccorso in mare è una di queste. Terzo, nel momento in cui un’imbarcazione di qualsiasi tipo (commerciale, militare, di soccorso) compie un salvataggio deve avere un porto sicuro garantito entro 24 ore. Lo prescrive la Convenzione di Amburgo, che dice: «senza ritardo alcuno». Quarto, il governo si deve spendere per un meccanismo di soccorso europeo. Su questi punti auspichiamo ci sia un confronto vero, fuori da mezzucci e parole vuote.

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