Droghe, «la legge va cambiata io vorrei ma non è facile»
VI Conferenza nazionale sulle droghe La Ministra Fabiana Dadone interviene alla Fuoriconferenza degli autoconvocati. Don Ciotti: «Il testo unico del ’90 non serve più, neppure modificato, perché è cambiato tutto»
VI Conferenza nazionale sulle droghe La Ministra Fabiana Dadone interviene alla Fuoriconferenza degli autoconvocati. Don Ciotti: «Il testo unico del ’90 non serve più, neppure modificato, perché è cambiato tutto»
La vigente legge sulle droghe, quella del 1990 con successive modifiche, «non serve più». «Non solo è invecchiata, ma proprio non serve, perché nel frattempo tutto è cambiato: le strategie e le rotte delle narcomafie, le sostanze, gli assuntori, il mondo dei servizi sociosanitari inclusi quelli dedicati alle nuove dipendenze, l’atteggiamento della società verso le sostanze legali e illegali». È netto il giudizio di Don Luigi Ciotti, intervenuto ieri alla Fuoriconferenza organizzata dalla «Rete per la riforma delle politiche», l’insieme di associazioni e personalità “autoconvocate”, non contro la Conferenza nazionale governativa sulle dipendenze che si apre oggi a Genova, ma in supporto.
Per pungolare, criticare, lottare – «a favore di tutti, non solo dei fruitori di sostanze stupefacenti», come sottolinea Peter Cohen, uno dei maggiori esperti internazionali presenti qui, a Palazzo San Giorgio. Forse come don Ciotti la pensa anche la ministra alle politiche giovanili Fabiana Dadone, che ha la delega alle droghe e che a sera raggiunge la sala degli antiproibizionisti per dire che l’obiettivo di combattere le narcomafie è anche il suo. E che la legge «andrebbe» cambiata. Lo dice ma mentre parla sembra che si muova su un tappeto di fragili uova.
«USO IL CONDIZIONALE non per insicurezza, la mia posizione già la conoscete, ma potete comprendere la mia difficoltà che è sotto gli occhi di tutti», ammette la ministra pentastellata. «Io credo che il Testo unico sulle droghe vada rivisto da tutti i punti di vista, anche perché ha la mia stessa età. Ma non è facile. D’altronde se la Conferenza non l’hanno convocata per dodici anni, un motivo ci sarà. Vediamo cosa verrà fuori in questi due giorni di dibattito, credo che anche in questo contesto molto frammentato e complicato si possa riuscire ad intervenire, ma non voglio che si arrivi ad uno scontro tra proibizionisti e antiproibizionisti».
LA MINISTRA DADONE (che ai microfoni di Radio 24 ha detto che andrà a votare al referendum per la legalizzazione della cannabis) ascolta, durante la tavola rotonda, i tanti che le pongono domande e sollevano questioni, compresa la rappresentante dei consumatori di sostanze. Prende appunti, perché sa di essere seduta tra i maggiori esperti europei di politica delle droghe. «Voi che vi occupate di questi temi da molto più tempo di me…», ammette. «La mia è una delega di coordinamento, non posso certo risolvere da sola tutte le questioni che mi avete posto, ma da lunedì, dopo la conferenza – promette – possiamo costruire ulteriori tavoli per cercare di andare avanti. Ci sono punti, come quello delle pene imposte ai minori di cui mi avete parlato, che non sono poi così divisivi. Su altri punti sarà più difficile, ma credo che si possa spingere il parlamento ad andare oltre le posizioni precostituite. Con dati alla mano, non ci si può più nascondere dietro a un dito. Almeno questo è il mio auspicio».
LA CONFERENZA autoconvocata si prefigge lo «Stop war on drugs», «facciamo la pace con le droghe e con chi le usa», ma la ministra Dadone sa che non c’è processo di pace più difficile di questo, nel suo governo. E, come spiega Cohen, «senza repressione, il mercato dei narcotici difficilmente sarebbe redditizio». Per questo «esistono potentissime lobby per la proibizione, mentre soprattutto nelle grandi città l’uso di alcune sostanze è normalizzato». Che è il contrario di legalizzato.
Decine di interventi hanno mostrato, dati alla mano, gli effetti nefasti della legge attuale. Il garante nazionale dei detenuti Mauro Palma snocciola i dati dell’impatto penale sulle carceri. Franco Corleone ci tiene a «demitizzare le misure alternative che non hanno funzionato». Come lui, anche Riccardo Magi ricorda che la ministra Lamorgese prima del Covid aveva annunciato un inasprimento delle pene per i fatti di lieve entità legati alle sostanze, quelli che il referendum vorrebbe depenalizzare.
COME SE NE ESCE lo spiegano in tanti, dalla Cnca ai Radicali italiani, dalla Cgil ad Antigone, dall’Ass. Coscioni alla Società della Ragione, dalla Lila ai Serd. E anche, in collegamento, dall’Uruguay, dagli Usa, dal Canada e da alcuni network internazionali di studio sull’uso e l’abuso delle sostanze che dialogano con Marco Perduca. Oggi la parola passa ai tavoli istituzionali e poi alla politica. Sperando che possa nutrirsi della linfa vitale della Fuoriconferenza.
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