Douglas Rushkoff ha scritto un libro che permette di capire il pensiero magico della Silicon Valley e il magnetismo apocalittico che accompagna ogni lancio pubblicitario di una tecnologia digitale. L’ultimo caso è stato quello dell’assistente virtuale ChatGpt, un successo mondiale cresciuto sulla paura della fine del lavoro e della sostituzione degli umani con i robot.

LA CHIAVE INTERPRETATIVA sta nel titolo, più significativo nell’originale americano: Survival of the richest. Escape Fantasies of the Tech Billionaires (La sopravvivenza dei più ricchi. Fantasie escapiste dei miliardari tecnologici) tradotto in italiano in Solo i più ricchi. Come i tecno-miliardari scamperanno alla catastrofe lasciandoci qui (Luiss, pp. 178, euro 20).
La sopravvivenza è di coloro che lavorano, direttamente o indirettamente sulle piattaforme digitali, per i proprietari dei Leviatani tecnologici (Amazon, Facebook, Tesla&Twitter, Google & Co.). L’«escapismo» è stato una corrente artistica nel romanticismo. È un neologismo derivato dalla lingua inglese: to escape: evadere, fuggire, interrompere un sistema informatico e chiudere un’applicazione. Oggi indica un nichilismo estetizzante, ispirato al gotico romantico e alla fantascienza degli anni Sessanta. È brandito come una clava sulla depressione di massa per sovraconsumo di social e di filosofie della fine della storia da Jeff Bezos o da Elon Musk. Entrambi finanziano l’industria dello spazio e vogliono colonizzare Marte perché la terra è destinata all’estinzione.

L’ESCAPISMO COLTIVATO dai sopravviventi in vita che attendono la fine del mondo è l’arma ideologica della rivoluzione neoliberale conservatrice sulla quale è basato il consenso della Silicon Valley. Fuggire dal mondo annichilito dalla brutalità dei rapporti di forza. Nulla può modificarli, perduta è ogni possibilità di superarli. Tutto è inutile. È più facile sognare un viaggio interstellare che distruggere il capitalismo che annienta la tua vita. Si vorrebbe fuggire dalla società, dalla sua precarietà e dalla sua disperante immutabilità, oltre che dalle catastrofi presenti e future. Eppure qui si resta, nel nulla. Queste idee rinviano all’argomentazione reazionaria per cui ogni lotta riproduce in maniera occulta, e rovesciata, il dominio contro il quale combatte.

CON IRONIA RUSHKOFF descrive l’«escatologia atea» del complesso industriale-apocalittico del Big Tech e il suo immaginario condiviso dai dominati e dagli oppressi. Smonta lo schema narratologico del capitalismo digitale e la sua mitologia dell’eroe-imprenditore. Decostruisce il «mindset», cioè la cornice epistemologica composta da un determinismo tecnologico tecno-soluzionista, un sociobiologismo tendenzialmente razzista, il neocomportamentismo della microeconomia e il suo soggettivismo: tutti elementi che hanno colonizzato la nostra testa, e non solo quando mettiamo «like» come scimmie ammaestrate.

Il libro è una bella visione etico-politica, si direbbe spinozista. Non siamo ancora sul ciglio del baratro, niente è inevitabile, la liberazione passa da una rinnovata storia del presente e dal suo rapporto con il divenire e il vivente. E la storia non se ripete mai identica a se stessa. Contano i nostri mezzi che sono molto più importanti di ogni cosiddetta «fine».