È cominciato tutto con la chiusura della Whirlpool di Napoli. Oggi il piano di dismissione della multinazionale americana degli elettrodomestici si concretizza con la vendita al 75% di tutti gli stabilimenti europei ai turchi di Arcelik.

SONO PASSATI TRE ANNI e otto mesi dall’annuncio che fece gelare il sangue ai 430 operai di via Argine, concretizzatosi poi nel licenziamento a novembre 2021 dei 300 addetti rimasti, con lo stabilimento venduto poche settimane fa per una reindustrializzazione ancora tutta da concretizzarsi.

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Whirlpool avvia la dismissione in Europa. I sindacati: «Il governo vigili sulla cessione dei siti»di tutta la società Emea, l’area europea e mediterranea. Ieri è arrivato a sorpresa l’annuncio. In anticipo di una decina di giorni sui tempi previsti – «per trovare un momento comune tra la borsa americana e turca» – per la scelta del compratore.

Lo strumento è una nuova società costituita al 75% da Arcelik e al 25% da Whirlpool per «oltre 6 miliardi di euro di fatturato, con oltre 200 milioni di euro di sinergie sui costi», il vero motivo della vendita, rispetto a un mercato poco profittevole per gli americani.

In tutti questi mesi di trattative, Whirlpool ha evitato con furbizia qualsiasi trattativa con i sindacati, prendendo in giro loro così come i ministri: rifiutandosi addirittura di incontrare Giorgetti a settembre.

ORA I 4.700 DIPENDENTI italiani – un terzo del totale della parte americana, a cui vanno aggiunti i 5 mila dei turchi – degli stabilimenti della sede centrale di Varese, dell’ex distretto delle Marche (Fabriano ex Indesit e Comunanza ex Merloni), di Siena e Carinaro (Caserta) hanno appreso la notizia con grande paura. La paura di chi sa di avere un futuro quanto meno incerto. I turchi di Arcelik sono infatti un gruppo solido che negli anni ha già acquisito marchi importanti come Beko, Grundig e Arstil, ma anche molto simile alla stessa Whirlpool Emea. I turchi hanno avuto la meglio sui cinesi di Haier, gruppo che in Italia aveva già acquisito il marchio Candy ma che in Europa non ha altri stabilimenti. Invece Arcelik è molto forte nell’est Europa: Romania e Polonia dove ha stabilimenti simili alle produzioni italiane, in special modo lavatrici e frigoriferi. Mettendo gli stabilimenti di Comunanza (Ascoli) – dove 350 lavoratori producono lavatrici – e di Siena – 300 addetti per congelatori a pozzetto – fra i più a rischio.

MOLTO PREOCCUPATI i sindacati. Fim, Fiom e Uilm in una nota unitaria ricordano come «tutte le operazioni di questo genere comportano forti rischi industriali e occupazionali a causa delle cosiddette sinergie e ottimizzazioni dei costi», ammoniscono i sindacati denunciando come lo stesso accordo industriale prevede che «le attività combinate genereranno sinergie di costi per oltre 200 milioni di euro». Una «revisione strategica» dunque che per l’Italia non poterà nulla di buono. Per questo i sindacati chiedono «con urgenza» la convocazione di un tavolo ministeriale «dove il governo confermi con i fatti che l’elettrodomestico rappresenta un settore manifatturiero strategico per il nostro paese».

A stretto giro, risponde il ministro delle Imprese e made in Italy Alfredo Urso, che però decide di «convocare a breve» solo l’azienda: «il Mimit, che in questi mesi ha approfondito tutti i passaggi al tavolo specifico, è pronto a verificare le intenzioni dell’acquirente con l’obiettivo di salvaguardare le produzioni in Italia e i livelli occupazionali».

«Forma e sostanza vanno rispettate: Whirlpool continua a farsi beffe di noi e del governo – attacca Barbara Tibaldi, segretario nazionale della Fiom – . Ma sbaglia anche il neo ministro Urso a convocare solo l’azienda: serve un tavolo serio con tutte le parti in causa per dare garanzie produttive e occupazionali a tutti gli stabilimenti italiani. Glielo ricorderemo nell’incontro sulla metalmeccanica che avremo domani (oggi, ndr)».