«La revisione strategica del portafoglio di attività Whirlpool nella regione Emea (Europa, Medio Oriente e Africa ndr) è in corso e non è stata presa alcuna decisione»: la precisazione è del portavoce della multinazionale Usa ma non rassicura i sindacati in Italia, dove l’azienda ha 7 siti e circa 5mila dipendenti. Il sospetto è che si stia preparando la loro cessione. Il campanello d’allarme era già suonato a maggio, quando Fim, Fiom, Uilm avevano sollecitarono un incontro con i vertici aziendali e con il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti. Poi le riviste finanziarie hanno ripreso la notizia che lo scorso 17 agosto la multinazionale avrebbe incaricato il vicepresidente esecutivo e presidente di Whirlpool Emea, Gilles Morel, di chiudere l’operazione di dismissione non oltre il 30 giugno 2024. «Conclusa la transazione Morel riceverà un bonus di 3 milioni di euro» si legge su Market screener.

«È un metodo che abbiamo già visto con la chiusura del sito produttivo di Napoli: pianificano, annunciano che prenderanno una decisione e poi fanno la comunicazione a cosa fatte» spiega Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom e responsabile elettrodomestico. «Chiediamo un intervento immediato dei ministri dello Sviluppo economico e del Lavoro e la convocazione delle parti – aggiunge Tibaldi -. Il governo deve agire per impedire un ulteriore smantellamento delle nostre fabbriche. Come ha insegnato Napoli bisogna provare ad agire prima che le decisioni vengano prese e comunicate agli azionisti. È evidente che Whirlpool richiama la politica italiana a svolgere un ruolo di autorevolezza nei rapporti con le multinazionali che fino a oggi non ha svolto».

Il segretario nazionale Uilm Gianluca Ficco: «L’esecutivo è rimasto indifferente. Siamo partiti ben prima della crisi di governo ma nessuno si è mostrato minimamente interessato». E il segretario nazionale Fim Massimiliano Nobis: «Le risorse del Pnnr devono essere destinate anche per rafforzare quei tessuti industriali in cui manteniamo una forte leadership come il settore del bianco. Per questo chiediamo con urgenza un tavolo ministeriale che definisca se e con quali modalità avverrà il piano di cessione. Vogliamo garanzie».

La decisione non può essere collegata alla guerra in Ucraina, spiega Tibaldi, perché «Whirlpool ha già ceduto al gruppo turco Arçelik le attività produttive e commerciali di Russia e Kazakistan lo scorso giugno». Piuttosto la dismissione strisciante va avanti da anni prima con la chiusura di Napoli e poi con le uscite (circa 300) tra impiegati e settore ricerca e qualità di Cassinetta e Fabriano. Cosa riserva il futuro non è chiaro: la produzione potrebbe essere delocalizzata da chi subentra o smembrata in filiere e, in parte, finire altrove oppure un nuovo produttore potrebbe subentrare.

La prima dismissione è stata quella di Napoli: annunciata nel 2018, si sono susseguiti tre governi e non ci sono ancora certezze per i 311 ex dipendenti che dovrebbero essere assorbiti dal gruppo con capofila Adler. Il contratto di sviluppo da circa 40 milioni dovrebbe consentire la reindustrializzazione di via Argine (tra i progetti la produzione di batterie e colonnine elettriche per auto) ma il 10 agosto Adler ha minacciato di sfilarsi: prefettura, Mise, Invitalia, comune e regione si sono impegnati a consegnare tutte le autorizzazioni per avviare le nuove produzione entro il 30 agosto, ma il ministero della Transizione, Ispra e Arpac non hanno ancora fornito i documenti necessari per l’agibilità, fermando di fatto il piano industriale. «Un anno è passato e ancora non si è sbloccata la parte burocratica – denuncia Tibaldi -, la prossima settimana solleciteremo il Mite, il piano va concluso prima del voto».