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Dopo l’estate disastrosa la premier punta sulla svolta europeista

Dopo l’estate disastrosa la premier punta sulla svolta europeistaMario Draghi a Palazzo Chigi, Lapresse

Cronache di governo La leader di Fdi ha reagito ai molti inciampi passando alla prossimità con il Ppe

Pubblicato 8 giorni faEdizione del 19 settembre 2024

La foto finale mostra volti sorridenti mentre si stringono la mano. Il comunicato di palazzo Chigi segnala che nel rapporto sulla competitività di Mario Draghi ci sono «priorità condivise che rispecchiano il lavoro portato avanti dal governo in Italia e nelle istituzioni europee» nonché «importanti spunti» tra i quali primeggia «la possibilità di un nuovo debito comune». In ogni caso, i due presidenti, cioè Giorgia Meloni e il suo predecessore Mario Draghi «sono rimasti d’accordo di tenersi in contatto per continuare ad approfondire».

Sembra poca cosa, quasi un colloquio di routine. Invece l’incontro di ieri pomeriggio tra Draghi e l’attuale presidente del consiglio, un’ora e passa di colloquio nell’ufficio della premier su invito della stessa, è un fatto politico a pieno titolo e di quelli rilevanti. Suggella la mutazione genetica di una leader sovranista e fondamentalmente antieuropeista trasformatasi nel corso degli ultimi due anni nel volto ‘presentabile e soprattutto europeista della destra europea.

La torsione è allo stesso tempo clamorosa e sottile. La leader della destra italiana non rinuncia a criticare l’Unione. Però l’oggetto delle frecciate non è più la Ue in sé: sono i suoi limiti, i suoi errori, i suoi ritardi. Per quanto paradossale possa apparire sono critiche mosse in nome di un «vero europeismo» e non più della resistenza all’integrazione. Come slittamento e anzi capovolgimento di posizione non è di piccola portata.

Su questa posizione la premier italiana, che da quando risiede a palazzo Chigi dà il meglio di sé in politica estera e il peggio in quella interna, si trova in ottima e molto qualificata compagnia. Le resistenze al progetto di Mario Draghi, una rifondazione politica camuffata da manifesto propositivo tecnico, regnano in buona parte delle capitali europee. Ma sono invece schierate senza margini di distinguo con l’ex presidente della Bce e con il rapporto parallelo e convergente sul mercato unico stilato da Enrico Letta le due cariche principali delle istituzioni europee. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che ha giocato d’astuzia e ha oggi un peso e un potere molto maggiori che non nel suo primo mandato, e quella della Banca centrale europea Christine Lagarde. Meloni ha tutto l’interesse a proporsi come prima sostenitrice del Report Draghi. Non a caso è stata proprio la prima, il giorno stesso della presentazione del Rapporto, a chiamare l’ex premier per invitarlo a Chigi.

La svolta era già stata siglata da un riavvicinamento con Ursula von der Leyen tanto stretto da autorizzare dubbi sulla realtà della precedente rottura con la presidente della Commissione Ue e da far sospettare anche ai meno malpensanti il gioco delle parti.

È uno spostamento non episodico ma strategico e progettuale. Uscita da un’estate disastrosa, la premier ha reagito slittando nettamente dalla prossimità con i sovranisti a quella con un Ppe che a sua volta non vede l’ora di passare ovunque a maggioranze di centrodestra. Del resto sotto il vessillo di Draghi e del suo monito, citato dalla presidente del consiglio, sulla necessità di rimettere mano al Green Deal per non renderlo controproducente per la competitività, ieri mattina all’assemblea di Confindustria era già andato in scena l’abbraccio tra Giorgia Meloni e il nuovo presidente degli industriali Orsini.

Per completare la giornata sì della premier ieri è arrivata anche la lettera con cui Marina Berlusconi, che pochi giorni fa aveva incontrato a propria volta Mario Draghi nella sua abitazione milanese, bolla come «ricostruzioni senza il minimo contatto con la realtà» le voci su una sua «disistima» per la premier e Antonio Tajani: «È vero esattamente il contrario». Una coincidenza, probabilmente. Ma si sa che le coincidenze sono spesso eloquenti.

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