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Dopo le stragi, la guerra di Biden alle armi è tornata

Dopo le stragi, la guerra  di Biden alle armi è tornataSostenitori armati di Donald Trump nello stato di Washington durante le proteste dello scorso gennaio – Ap

Stati Uniti Le promesse della campagna elettorale si concretizzano: raffica di ordini esecutivi. Per il presidente l’ostacolo è il fuoco amico del senatore centrista Manchin 

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 9 aprile 2021

Joe Biden ha annunciato una raffica di ordini esecutivi riguardanti il controllo delle armi, inclusi l’introduzione di normative per le cosiddette «armi fantasma» (armi da fuoco assemblate in casa prive di numeri di serie e più difficili da rintracciare), il bando dei dispositivi che trasformano le pistole in fucili a mezza canna e la nomina di David Chipman, da sempre sostenitore delle politiche per il controllo delle armi, come capo dell’Ufficio per la regolamentazione di alcol, tabacco, armi da fuoco ed esplosivi.

Queste le prime azioni sostanziali della presidenza Biden riguardo le armi, una delle massime priorità democratiche diventata ancora più urgente dopo le recenti sparatorie di massa a Boulder, Colorado e nell’area di Atlanta, in Georgia.

L’annuncio di Biden è stato fatto nel giardino delle rose della Casa bianca, nel pomeriggio americano, troppo tardi per noi, alla presenza del procuratore generale Merrick Garland e della first lady Jill Biden.

Giunge anche grazie alle spinte degli attivisti per il controllo delle armi, sempre più allarmati dall’inazione del presidente. Biden, durante la campagna elettorale, aveva promesso che avrebbe preso provvedimenti per limitare la violenza armata, già durante il primo giorno di presidenza, poi l’impegno era sembrato cadere nel dimenticatoio, mentre si dava la priorità ad altre emergenze, come la pandemia e l’economia in caduta libera.

Recentemente aveva suggerito di considerare il controllo delle armi una priorità meno urgente che poteva essere affrontata come un progetto a lungo termine, ma dopo i due mass shooting di poche settimane fa è stato evidente che la questione della violenza armata si era mossa da sé, diventando un problema di primo piano.

I suoi assistenti di hanno sottolineato che al di là delle sparatorie di massa, il presidente vuole concentrarsi anche su quella che ha definito «l’epidemia più frequente e mortale di violenza armata quotidiana che colpisce in modo sproporzionato neri e ispanici».

Da ex presidente della commissione giustizia del Senato, Biden ha una lunga storia di iniziative per il controllo delle armi, con episodi di successo, così rari in questo campo, come il divieto di 10 anni sul possesso di armi d’assalto, parte di un disegno di legge sul crimine del 1994 sponsorizzato proprio dall’attuale presidente.

Non è detto che quello iniziato ieri sarà uno di questi successi, le politiche sul controllo delle armi sono tra le più problematiche: gli elettori delle zone rurali, tradizionalmente repubblicani, sostengono a spada tratta il possesso deregolamentato di armi, mentre gli abitanti delle periferie suburbane, sacche di voto ambite da entrambe le parti, tendono ad avvicinarsi al sentire delle città e a essere aperti al controllo delle armi.

Il problema per una vera politica di Biden sul controllo delle armi arriva da Joe Manchin, senatore democratico centrista dello Stato rurale del West Virginia, che già lo scorso mese si era opposto a i due progetti di legge sulla sicurezza delle armi approvati dalla Camera. Non sembra essersi spostato dalle sue posizioni.

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