Dopo Caivano, con 25 grammi di marijuana in Italia si rischia perfino il carcere
L'erba del vicino Boom di arresti in conseguenza del decreto che ha inasprito le pene per i fatti di lieve entità. Dimenticato anche dal Pd, il ddl Magi che segue la sentenza della Cassazione
L'erba del vicino Boom di arresti in conseguenza del decreto che ha inasprito le pene per i fatti di lieve entità. Dimenticato anche dal Pd, il ddl Magi che segue la sentenza della Cassazione
Cosa succederebbe, in Italia, a chi venisse fermato con 25 grammi (in una sola volta) oppure con 50 grammi (il fabbisogno di un mese, secondo la neo varata legalizzazione tedesca) di cannabis in tasca? Le norme vigenti e la giurisprudenza consolidata nel nostro Paese non bastano attualmente a dare una risposta univoca e succede che analoghe circostanze vengano valutate dai magistrati di volta in volta in maniera diversa. Fino a qualche tempo fa, infatti, una tale quantità di sostanza, se non rinvenuta in un contesto segnato da altri indizi di spaccio, sarebbe potuta rientrare in quelli che vengono chiamati i «fatti di lieve entità». Fino al decreto Caivano, convertito in legge alla fine dello scorso anno.
Testo, quello, utilizzato dal governo come cavallo di Troia per riproporre lo schema proibizionista tanto caro alle mafie e che, intervenendo sul comma 5 dell’articolo 73 del TU sulle droghe, inasprisce le sanzioni per lo spaccio di lieve entità e di fatto se la prende proprio con i possessori di piccole quantità di sostanze, che poi è quasi sempre cannabis. Come dimostra il record di ingressi negli Istituti penali per minorenni registrato da Antigone, con un aumento dei reati di droga del 37,4% in un solo anno.
Sì, perché la marijuana costituisce per le destre nostrane l’ossessione nell’ossessione, per i motivi più disparati: dalla sottocultura storicamente legata all’uso di quella sostanza fino alla rete politico-economica costruita nel tempo con certi settori conservatori oltranzisti del privato sociale. Al punto paradossale però di aver tentato, tramite il ministro della Salute Orazio Schillaci – fermato poi dal Tar – di porre fuori legge perfino la cannabis light, quella senza il principio attivo stupefacente. Un atteggiamento antiscientifico che coinvolge però purtroppo anche ampi settori del centrosinistra, perfino ora che nel mondo occidentale democratico sempre più Paesi riconoscono la sconfitta dell’approccio proibizionista e abbandonano la war on drug che tanto ha nuociuto in mezzo secolo di vita.
Lo si è visto fin dalla scorsa legislatura quando il ddl Magi-Licantini, che prevede la totale depenalizzazione della coltivazione domestica di 4 piantine di marijuana per uso personale (sul solco posto dalla sentenza della Cassazione a sezioni unite del 2019), venne portato in commissione Giustizia di Montecitorio, dove riuscì ad ottenere perfino il primo via libera, solo a poche settimane dallo scioglimento delle camere. Naturalmente poi scadde insieme al governo Draghi. Il testo, in parte rafforzato, è stato già ripresentato in questa legislatura, ed è stato assegnato alla commissione Giustizia della Camera. «Ho presentato anche un ddl sulla legalizzazione del commercio e della produzione di cannabis, sul modello americano, – riferisce il segretario di +Europa, Riccardo Magi – che è stato assegnato alle commissioni Giustizia e Affari sociali congiunte, ma non è stato calendarizzato. Ora tornerò a chiederlo, perché legalizzare la cannabis è una politica di buon governo, e il parlamento non può voltarsi dall’altra parte e fare ancora finta di nulla».
Magi ricorda però anche «le opposizioni timide e spaccate», sul punto: «Quando nel 2021 raccogliemmo le firme sul referendum per la legalizzazione, poi bloccato dalla Consulta, non avemmo il supporto né del Pd né del M5S. E oggi – conclude il deputato – è prevalsa la parte conservatrice». Per trovare qualche indizio che confermi il ragionamento di Magi si potrebbe citare anche solo l’ipotesi di candidare per il Pd Marco Tarquinio, l’ottimo ex direttore dell’Avvenire che però non è certo un antiproibizionista.
E invece per Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera, la legalizzazione della cannabis ludica decisa dalla Germania è «un esempio assolutamente da seguire». «Avs ha già una sua proposta», dice ricordando che le stime in Italia registrano un fenomeno che «riguarda oltre 6 milioni di consumatori mentre il mercato illegale degli stupefacenti vale 16,2 miliardi di euro, di cui circa il 40% grazie alla cannabis. A noi sta a cuore anche il grande valore terapeutico di questa sostanza che adesso si trova con difficoltà: la legalizzazione della cannabis potrebbe risolvere il problema alleviando la sofferenza di molti malati, e poi sottrarre lo spaccio alle piazze delle nostre periferie, manodopera a basso costo per la criminalità che riceverebbe un durissimo colpo». In Europa la cannabis è completamente legale in Lussemburgo e Malta, mentre l’uso è tollerato in Olanda, depenalizzato in Spagna e Portogallo (come tutte le droghe) e, fino a certi limiti, anche in Repubblica Ceca.
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