Torna alla ribalta la questione dell’aborto in Polonia. «Siamo pronti a presentare un disegno di legge per legalizzare l’aborto fino alla 12 settimana di gravidanza», ha annunciato ieri il premier e leader dei liberali di Piattaforma civica (Po) Donald Tusk.

La decisione di Tusk, che vorrebbe anche liberalizzare l’accesso alla pillola del giorno dopo (al momento e obbligatoria una prescrizione medica), era tutt’altro che scontata. La riforma della legge che regola l’interruzione volontaria di gravidanza infatti era il “grande assente” tra i punti dell’accordo di coalizione concordato da Tusk insieme ai suoi alleati – i centristi di Trzecia droga (Terza via) e Lewica (Sinistra) – all’indomani della vittoria alle parlamentari di ottobre scorso ai danni della destra populista di Diritto e giustizia (Pis).

La proposta di Tusk ricalca per grandi linee uno dei disegni di legge depositati a novembre scorso da Lewica, ma a complicare le cose ci ha pensato Terza via che ha annunciato di volere portare alle camere una propria proposta, quasi certamente meno permissiva sulla questione.

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I centristi dell’alleanza composta da Polska 2050 (Polonia 2050) dell’ex giornalista Szymon Hołownia e dai ruralisti democristiani del Psl (Partito popolare polacco) punterebbero a ripristinare il «compromesso al ribasso» del 1993 che consentiva di abortire soltanto in tre casi: pericolo di vita per la madre, in caso di violenza sessuale oppure quando il feto presentasse malformazioni. La successiva messa al bando dell’aborto terapeutico, con una sentenza emessa dal Tribunale costituzionale filo-Pis nell’autunno del 2020, è stata il colpo di grazia per le polacche.

La verità è che tutti questi disegni di legge richiederebbero l’appoggio di tutte le forze politiche di governo per essere approvate al Sejm, la camera bassa del parlamento. Ecco perché in caso di impasse Tusk non esclude il ricorso ad un decreto o addirittura a un referendum per sbloccare la situazione.