Lo slogan «Donostia non è in vendita» risuona nelle strade della perla del Cantabrico da anni, da quando comitati e associazioni hanno deciso di coordinarsi per combattere la turistificazione. Il turismo di massa si è abbattuto sulla città basca come uno tsunami, scatenando le proteste dei cittadini. Secondo Eustat a San Sebastian, appena 180 mila abitanti, nel 2021 hanno soggiornato 722mila turisti, 840mila nel 2022 e un milione nel 2023, senza contare i pernottamenti nelle strutture ricettive abusive.

Il settore genera il 13,9% del Pil cittadino e 15mila posti di lavoro, ma a quale prezzo? Gli affitti, già tra i più alti del paese, sono aumentati nell’ultimo anno del 12%; il prezzo medio di un appartamento è di 400mila euro e il costo della vita supera la media spagnola del 34%. Un paradiso – mare, gastronomia, eventi culturali e musicali – per i turisti di fascia alta, si è gradualmente trasformato in un inferno per molti abitanti, costretti a cercare altrove lidi più abbordabili.

LA ZONA più stravolta dalla turistificazione è la Parte Vecchia, invasa da bar, ristoranti e pisos turisticos e dove i sempre più scarsi abitanti si ritrovano a fare da figuranti in un vero e proprio «parco tematico». «Da anni denunciamo l’assenza di politiche per garantire il diritto alla casa, i problemi di salute causati dal rumore, la carenza di servizi e la privatizzazione dello spazio pubblico», riassume Xabier Arberas, dell’associazione Parte Zaharrean Bizi.

«Siamo diventati ospiti nel nostro stesso quartiere», denuncia invece Joseba Alvarez. L’ex consigliere comunale e poi regionale della sinistra indipendentista, che vive nella Parte Vecchia dal 1991, lamenta «l’espulsione dallo spazio pubblico della lingua basca e dei nostri modelli culturali e di socialità» a vantaggio di bar e negozi «di plastica».

«Donostia è una città turistica da fine ’800, ma ora il turismo è uno dei suoi pilastri economici. Il conflitto politico violento ha frenato gli investimenti dei grandi gruppi economici che hanno vissuto un boom dopo la crisi finanziaria del 2008. Nel 2016, però, Donostia è stata proclamata Capitale europea della cultura, concedendo alla lobby turistica ingenti finanziamenti pubblici e un potente spot. Lo scioglimento dell’Eta ha portato qui i grandi gruppi immobiliari e turistici internazionali», spiega l’ex dirigente di Batasuna.

DALLA PARTE VECCHIA la colonizzazione turistica si è estesa ai quartieri circostanti. «Siamo di fronte a una monocultura che divora l’economia locale, in mano a grandi gruppi economici stranieri. Occorre costruire un’alternativa che permetta una decrescita turistica salvaguardando i posti di lavoro – aggiunge Alvarez – Parliamo di lavori stagionali, precari e sottopagati; non a caso a lavorare nel settore sono sempre più gli immigrati, che per necessità si accontentano di salari più bassi per turni massacranti, non protestano e non si iscrivono ai sindacati».

Per Asier Basurto, del comitato Bizilagunekin (Con gli abitanti), la destagionalizzazione e la distribuzione del carico turistico in tutta la città sono false soluzioni che anzi aggravano il problema, aumentando i flussi invernali e gentrificando altri quartieri. Anche per il sociologo «l’unica soluzione è decrescere, smettere di spendere soldi pubblici per proporre Donostia come meta turistica, ridurre gli appartamenti turistici e gli hotel».

A ottobre e poi a maggio migliaia di persone sono scese in piazza tra comitati, sindacati, movimenti femministi, ecologisti e studenteschi, nonostante le promesse dell’amministrazione di puntare a un turismo più sostenibile. «Anche qui abbiamo superato il limite, come alle Canarie o a Barcellona. L’amministrazione comunale (socialisti e nazionalisti baschi di centrodestra, ndr) ha imposto una moratoria sugli alberghi ma dopo otto anni di completa deregulation durante i quali ha permesso l’apertura di ben 52 hotel» ricorda Basurto.

La spiaggia di La Concha a San Sebastian
La spiaggia di La Concha a San Sebastian, foto Getty Images /Ramon Costa

GLI ARCHITETTI e gli ingegneri dell’associazione Áncora denunciano, instancabili, i danni arrecati al patrimonio architettonico e artistico grazie alla tolleranza delle istituzioni e a una legislazione carente. L’Hotel Nobu, di proprietà tra gli altri di Robert de Niro, ha stravolto un edificio del 1902; prima era toccato al teatro Bellas artes, le cui cupole sono state distrutte per far spazio ad appartamenti di superlusso.

Turismo e speculazione divorano letteralmente la città, la sua identità e la sua vita sociale. Al posto del parco del Manteo, ultimo spazio verde residuo del quartiere Gros, c’è ora una fossa di cemento che ospiterà il laboratorio gastronomico sperimentale del Basque Culinary Center. Nonostante mesi di proteste degli abitanti, «non solo il Comune ha concesso gratuitamente il terreno a un ente privato, ma le istituzioni pubbliche locali hanno stanziato 24 milioni per un’opera di dubbia utilità», insiste Basurto.

Mentre prosegue la costruzione di una metropolitana a uso e consumo dei turisti (e per mettere a profitto anche le zone periferiche), le mobilitazioni hanno invece bloccato la realizzazione, in un’area verde e semiselvaggia, di un enorme parco acquatico con onde artificiali, a due passi dalle spiagge che attirano surfisti da tutto il mondo.

IL DIARIO VASCO, quotidiano di destra espressione di ambienti economici legati al turismo, accusa i comitati di essere la lobby del «no». Ma ormai il rifiuto delle storture del modello di espansione turistica infinita dilaga, come dimostra una ricerca condotta tra gli abitanti da tre docenti dell’Università dei Paesi Baschi.

«Solo il 40% del campione ha un’opinione positiva del turismo, mentre la sfiducia nell’amministrazione cittadina è maggioritaria. Non mi aspettavo risultati così eclatanti», confessa Xavier Minguez, docente di psicologia tra gli estensori della ricerca. Comitati e movimenti, intanto, preparano nuove manifestazioni a fine settembre in concomitanza con la Giornata Internazionale del Turismo.