Donini: «Sul contante il governo manda segnali sbagliati»
Valentina M. Donini rappresenta la Sna (Scuola Nazionale dell’Amministrazione) alle attività di Open Government Partnership (Ogp Italia) e partecipa al processo di co-creazione e attuazione del 5° Piano d’azione nazionale per il governo aperto, 2022-2023, nell’ambito dell’azione Prevenzione della corruzione e cultura dell’integrità. È autrice di quattro monografie e di numerosi saggi pubblicati in riviste nazionali e internazionali, ultimo dei quali è Prevenzione della corruzione. Strategie, sfide, obiettivi (Carocci, Roma, 2022).
Dottoressa Donini, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari ha sostenuto che le critiche trasversali che piovono sulla Manovra di Giorgia Meloni siano un segno di imparzialità. Non le sembra che, invece, la manovra penda nella direzione sbagliata in quella che lei, nel suo saggio, definisce «la prevenzione della corruzione»?
Io naturalmente parlo a titolo personale e non a nome della Sna. L’approccio preventivo alla corruzione è (relativamente) una novità introdotta dalla legge Severino. Fino a quel momento era prevalente in Italia un approccio repressivo, che si è rivelato non efficace nel contrastare la corruzione. Questa ha continuato a produrre i suoi costi sociali, politici ed economici.
L’approccio preventivo, invece, si stava mostrando più adeguato?
Basta guardare le classifiche internazionali: l’Italia, negli ultimi dieci anni – penso all’Indice di percezione della corruzione – ha scalato moltissime posizioni e, di conseguenza, ha anche un’altra autorevolezza nel panorama internazionale. L’innalzamento del tetto al contante rientra in un discorso formalmente legittimo, che non va in contrasto alle norme e che rientra pienamente nella revisione del diritto comunitario, nella direttiva 2015 n. 849, dove si parla di un tetto di addirittura di 10.000 euro, ma non possiamo negare che simili misure destino preoccupazioni.
Queste misure potrebbero essere interpretate come un ammiccamento, un segnale di tolleranza simbolica?
Nel quadro europeo ci sono situazioni molto diverse ed è anche comprensibile, in astratto, la preoccupazione di allinearsi agli altri Paesi per non essere svantaggiati, però c’è una differenza tra quello che si può fare e quello che è opportuno. Per quanto riguarda l’innalzamento della franchigia per i pagamenti elettronici, il problema non è la cifra e neanche il contante in assoluto, ma il fatto che si rischi di favorire la criminalità, il riciclaggio, l’economia sommersa, l’evasione e di dare un segnale culturale sbagliato. Il contante sicuramente rappresenta un fattore di rischio sotto diversi aspetti perché non consente il tracciamento. E poi pone problematiche relative a trasporto, sicurezza, assicurazione. C’è chi dice che abbia costi addirittura maggiori …
Come ha precisato anche Bankitalia … Ci sono soluzioni più immediate?
Se lo scopo è davvero quello di favorire l’economia e la ripartenza, perché non ci concentriamo sull’abbassare o abbattere le commissioni?
Limitare poi l’uso dei pagamenti elettronici è in contrasto con il Pnrr, che spinge moltissimo sul piano della modernizzazione, della digitalizzazione e del contrasto all’evasione …
L’Italia è sicuramente indietro nell’indice Desi (Digital Economy and Society Index), pur mostrando dei progressi recenti. Se confrontiamo il dato relativo all’uso del contante con l’indice di percezione della corruzione – raffronto che può fare chiunque guardando i dati pubblicati ogni anno da Transparency International – possiamo osservare come i Paesi in cui si usa di più il contante (ad esempio Malta) non figurino molto bene. Mentre Paesi in cui il contante non si usa, come l’Olanda o la Finlandia, chissà perché, sono ai primi posti.
Il discorso sul contante naturalmente pone preoccupazioni molto forti anche in chi si occupa di antiriciclaggio …
Io mi occupo di anticorruzione, ma il legame tra le due cose è fortissimo e deve essere sempre maggiore una sinergia tra questi due settori. Solo con un approccio coordinato si possono ottenere risultati efficaci e migliori, dei quali beneficiamo tutti. Non è vero che la corruzione è un reato senza vittime perché le vittime ci sono e siamo tutti noi. Noi, collettività, che utilizziamo i servizi pubblici.
Noi stiamo cercando di emanciparci da una brutta reputazione nell’ambito dell’anticorruzione …
Abbiamo una storia segnata molto negativamente da fenomeni come Mani Pulite. Ora che l’Italia sta ricostruendo una reputazione sui tavoli internazionali, non possiamo fare questi passi indietro.
Le parole del ministro Nordio riguardo ad un uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni sono un altro passo indietro?
Le intercettazioni sono uno strumento non per reprimere la corruzione, ma per scoprirla. Si tratta di strumenti per cercare le prove, per consentire agli inquirenti di fare il loro lavoro. Si rischia di danneggiare chi cerca di combattere la corruzione. Si può anche comprendere l’intenzione di evitare processi sulla carta stampata, ma non dobbiamo mai dimenticare quanto sia importante prevenire la corruzione. La strada tracciata dalla legge Severino ha dato dei frutti, non possiamo permetterci battute d’arresto.
Ma come si combatte la corruzione, al di là della repressione?
Sembra banale dirlo, ma evidentemente non lo è: con la cultura, con la formazione fatta nelle pubbliche amministrazioni, ma anche molto prima, addirittura dalla scuola dell’infanzia! Da parte del gruppo anticorruzione del G20, Anti-corruption Working Group, è appena stato pubblicato un compendio di buone pratiche sulla educazione all’anticorruzione e sulla partecipazione civica, dove viene ribadito quanto sia importante educare le giovani generazioni e incoraggiare la società civile. In questo compendio viene citata la SNA come esempio di buone pratiche. Mi permetta di dare anche una notizia positiva. Ecco perché sarebbe un peccato perdere certi progressi fatti.
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