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Donald Trump, una risata lo seppellirà

Donald Trump, una risata lo seppellirà

Il tycoon presidente Trump, che era non solo un golpista ma palesemente uno squilibrato, difficilmente potrà sopravvivere all’immagine del ketchup che cola su un muro dell’ufficio presidenziale a causa di un hamburger scagliato con violenza in un attacco d’ira.

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 1 luglio 2022

Nella politica americana si può sopravvivere a tutto: alle sconfitte ripetute, alla palese incapacità nella carica, ai processi per corruzione. Non al ridicolo. Il ridicolo uccide, soprattutto nell’era della televisione e dei meme su Twitter.

Quindi Donald Trump, che era non solo un golpista ma palesemente uno squilibrato, difficilmente potrà sopravvivere all’immagine del ketchup che cola su un muro dell’ufficio presidenziale a causa di un hamburger scagliato con violenza in un attacco d’ira. O a quella di un presidente degli Stati uniti che afferra il braccio e la gola del suo autista per costringerlo a dirigere la limousine verso il Congresso invece che riportarlo alla Casa Bianca, come era stato deciso per ragioni di sicurezza (un dettaglio che ieri è stato smentito ma che è coerente con il carattere infantile e irascibile di Donald Trump).

E ancor meno (si spera) potrà recuperare politicamente dopo le altre rivelazioni di Cassidy Hutchinson, la sua assistente che martedì ha testimoniato in un’audizione a sorpresa davanti alla commissione della Camera, tra cui il fatto che Trump sapeva della presenza di uomini armati nel gruppo che assaltò il Congresso il 6 gennaio 2021 e ordinò al Secret Service di lasciarli passare ignorando i metal detector. Prova regina che servirà per accusarlo di sedizione.

La testimonianza della Hutchinson è stata oggetto di una accurata coreografia: la commissione aveva annunciato una sospensione delle audizioni fino a metà luglio e poi ha invece comunicato, lunedì, che martedì avrebbe interrogato un nuovo testimone, tenendone segretissima l’identità per creare il massimo di suspence fino al momento in cui la persona è entrata in aula e ha giurato. Il non-detto era chiaramente che la testimone fosse in pericolo o rinunciasse a testimoniare all’ultimo momento.
Nella società dello spettacolo i dettagli contano e Cassidy Hutchison era stata confezionata a dovere: bella ma non appariscente, trucco quasi invisibile, giacca bianca su maglietta nera, aria da brava ragazza, laurea in scienze politiche, la fidanzata ideale che le mamme americane vorrebbero per un figlio maschio.

Naturalmente sul banco dei testimoni bisogna essere competenti e informate: la Hutchinson lavorava a dieci metri di distanza dall’ufficio di Trump, praticamente in simbiosi con il capo di gabinetto Mark Meadows, quindi sapeva qualsiasi cosa venisse detta o fatta alla Casa Bianca, compresi i periodici scoppi d’ira di Trump, che non esitava a lanciare i piatti contro il muro quando riceveva cattive notizie, in particolare quelle che smentivano la sua balla colossale delle elezioni “rubate”. Ieri tutti, a cominciare da Trump hanno fatto finta di non conoscerla o di definirla «una che portava i caffè» ma la realtà è diversa e i tentativi di sminuire il valore della sua testimonianza hanno le gambe corte.

Ieri la Commissione ha annunciato di aver invitato a comparire Pat Cipollone, il capo dell’ufficio legale dell’amministrazione Trump, con cui la Hutchinson era in contatto quotidiano. Fu lui che invano cercò di dissuadere l’allora presidente dal lanciare l’assalto al Congresso: «Se lo facciamo finiremo sotto accusa per tutti i reati contenuti nel codice penale» le disse Cipollone quando divenne chiaro che il presidente aveva deciso e non intendeva minimamente cambiare idea.

Oltre a sapere le cose bisogna anche ricordarle e Cassidy Hutchinson ha una memoria d’elefante: ogni battuta, messaggino o telefonata relativa al giorno in cui Trump tentò di mettere fine alla democrazia americana e restare al potere con la forza lei se la ricorda e la riferisce con tono neutro, come se si trattasse di normale attività. «Sì, ho sentito il presidente dire che se il vicepresidente fosse stato impiccato dai manifestanti sarebbe stato quello che si meritava».

E oltre a ricordarle occorre avere la volontà politica e il coraggio morale di dirle: tutti i testimoni passati davanti alla commissione negli ultimi mesi hanno riferito di aver ricevuto velate minacce da parte dei collaboratori superstiti di Trump, o da estremisti repubblicani. La Hutchinson ha solo 25 anni ed è una repubblicana fedele (ha lavorato per Steve Scalise alla Camera e per Ted Cruz al Senato): difficilmente la sua vita professionale sarà facilitata da questa testimonianza, ammesso che non ci siano conseguenze peggiori. Le minacce di morte hanno già cominciato ad arrivare.

Queste audizioni sono state il trionfo di Liz Cheney, la repubblicana anti-Trump a cui i democratici hanno delegato tutti gli interrogatori per dimostrare il carattere equo e bipartisan della commissione. Cheney ha preso molto sul serio il suo lavoro e condotto i lavori in maniera estremamente efficace: anche lei, però, potrebbe alla fine diventare una vittima di Trump: in agosto si vota in Wyoming, la sua circoscrizione, ed è perfettamente possibile che gli elettori trumpisti la ripudino, preferendole un candidato scelto dal presidente fellone.

La domanda che tutti si fanno ora è: Trump sarà incriminato dal dipartimento della Giustizia dopo questa testimonianza, una “pistola fumante” se mai ce n’è stata una in un processo politico? Prove e testimoni abbondano, ma per il momento l’Attorney General Merrick Garland sembra intenzionato a mettere sotto accusa solo i pesci piccoli, insieme ad alcuni collaboratori di medio-alto livello. Vedremo Trump sul banco degli imputati? Chissà.

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