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Divieto di abaya, 67 ragazze restano fuori dalla classe

Divieto di abaya, 67 ragazze restano fuori dalla classeNates, una giovane con indosso un’abaya tra un gruppo di amici – Afp/Loic Venance

Francia Riaprono le scuole dopo la legge che vieta di indossare l’abito tipico dell’islam. Sui ricorsi, deciderà il Consiglio di Stato. Alcuni insegnanti in sciopero. Socialisti favorevoli, per France Insoumise è «discriminazione»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 6 settembre 2023

C’è un piccolo giallo, che è fonte di imbarazzo al Consiglio d’Europa: come e da chi è stata presa la decisione di rilanciare una campagna del 2021 favorevole all’hijab proprio nei giorni di riapertura delle scuole francesi, dove sono entrate in vigore nuove regole che proibiscono l’abaya e il qamis, abiti femminili e maschili che, anche se non strettamente religiosi, mostrano un’appartenenza all’islam.

L’istituzione nata nel 1949 per la difesa dei diritti umani afferma che la campagna «non rispecchia la posizione del Consiglio d’Europa». La campagna, diffusa in rete, presentava ragazze con il velo e affermava che «la bellezza è nella diversità».

La campagna è stata prodotta in collaborazione con Femyso, un forum di organizzazioni giovanili musulmane europee. Il velo in Francia è proibito nelle scuole pubbliche dal 2004, il primo caso di tre ragazze era stato nel 1989 a Creil.

LA SCUOLA PUBBLICA è laica dalla Terza Repubblica, allora la lotta era contro la propaganda dei cattolici: l’idea è che per imparare ci vuole neutralità e che la religione è un fatto privato e deve rimanere tale, per permettere la convivenza. Una posizione francese spesso mal capita all’estero, in contrasto con le posizioni anglosassoni, che favoriscono le comunità.

Ieri il Consiglio di stato ha esaminato il ricorso contro le nuove norme che proibiscono abaya e qamis, presentato dall’Associazione per i Diritti dei musulmani. I saggi hanno 48 ore per rispondere.

Lunedì, nel primo giorno di scuola, 289 giovani si sono presentati con l’abaya o il qamis, sono stati avvertiti delle nuove regole, è stata data loro una lettera per spiegare la situazione alle famiglie e in 67 hanno rifiutato di accettare la norma e non sono stati ammessi in classe.

IL MINISTRO dell’Educazione nazionale, Gabriel Attal, ha precisato che nei 150 istituti scolastici (su 58mila, tra elementari, medie e licei) dove nello scorso anno scolastico si sono verificati casi di non rispetto della laicità – atti in crescita del 120% in un anno – c’è un personale formato per rispondere alle inquietudini e per chiarire la regola che «un insegnante quando entra in classe non deve sapere di che religione sono gli allievi».

C’è stata una forte domanda da parte dei presidi per avere regole più chiare ed evitare risposte «caso per caso», che hanno creato problemi nel passato.

Di qui le nuove norme, che però sono state contestate ieri da alcuni insegnanti del dipartimento della Seaine-Saint-Denis, che hanno proclamato uno sciopero per mercoledì.

La sinistra si è spaccata: Ps e Pcf sono sostanzialmente favorevoli all’esclusione dell’abaya e del qamis (nel 2004 il Ps aveva votato a favore dell’esclusione del velo, il Pcf si era diviso), mentre Europa Ecologia e la France Insoumise parlano di discriminazione e cercano di sollevare politicamente la questione, anche perché hanno un forte elettorato nelle banlieues.

Sophie Binet, segretaria della Cgt, non si oppone alle nuove norme, perché sono di aiuto al personale docente, anche se sottolinea che la polemica è usata dal governo per nascondere i veri problemi della scuola, a partire dalla mancanza di insegnanti.

IL PRESIDENTE Macron in un’intervista a HugoDécrypte su YouTube si è detto favorevole a delle «sperimentazioni» su una «tenuta unica», tipo jeans-tshirt-giacca, per evitare polemiche, mentre destra e estrema destra chiedono l’imposizione della divisa: «Viviamo anche nella nostra società con una minoranza, gente che, deviando la religione, viene a sfidare la Repubblica e la laicità».

Il presidente ha precisato di non fare «un parallelo tra terrorismo e vestiti»: «Dico solo che la questione della laicità nella nostra scuola è una questione profonda».

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