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Dissenso decapitato in Guinea-Conakry. Cellou Diallo: «I militari hanno demolito la mia casa»

Dissenso decapitato in Guinea-Conakry. Cellou Diallo: «I militari hanno demolito la mia casa»Cellou Dalein Diallo, presidente dell’Unione delle Forze Democratiche di Guinea – Ap

Intervista Parla il principale esponente delle opposizioni guineane, costretto all'esilio dalle persecuzioni della giunta del colonnello Doumbouya, che ha preso il potere un anno fa. «La Comunità internazionale pur di mantenere i propri interessi economici non ha imposto nessun tipo di pressione per il rispetto dei diritti umani»

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 23 ottobre 2022

Ristabilire i diritti per il popolo guineano e far tornare la democrazia. Con questo obiettivo il principale esponente delle opposizioni Cellou Dalein Diallo, presidente dell’Unione delle Forze Democratiche di Guinea (Ufdg), è in giro nei paesi europei, Italia compresa, per sensibilizzare la comunità internazionale sulla difficile situazione in Guinea-Conakry. Il manifesto lo ha intervistato riguardo al clima di repressione nel paese. 

Qual’ è la situazione nel paese dopo le morti di questi mesi, il divieto a manifestare e lo scioglimento del Fronte Nazionale per la difesa della Costituzione? 

La situazione è sempre più difficile. Ci sono state proteste nel primo anniversario del golpe (5 settembre, ndr) con almeno 11 vittime e centinaia di arresti tra i manifestanti. Il regime militare continua nella sua azione di repressione contro tutti i partiti e le associazioni della società civile contrari a questo stato di cose. Tutti quelli che si sono opposti e si stanno opponendo alla giunta militare vengono arrestati: una dimostrazione è la recente denuncia dell’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, che ha espresso le sue preoccupazioni per l’aggravarsi della situazione in Guinea o la denuncia alla giustizia francese del colonnello Doumbouya da parte del Fronte Nazionale per la difesa della Costituzione (Fndc) per complicità e torture nei confronti degli oppositori politici. Anche il mio caso è un chiaro esempio della persecuzione nei confronti di esponenti politici: in pochi mesi i militari hanno confiscato i miei beni e demolito la mia casa, un chiaro segnale da parte dei golpisti di mettere a tacere ogni tentativo di dissenso. Ho cercato di difendermi davanti alla giustizia del mio paese per la confisca delle mie proprietà, ma l’unica certezza di questo periodo è che la giustizia, come qualsiasi altro apparato del governo, è gestita dai militari come mezzo di repressione. Proprio per questo motivo sono stato costretto a lasciare il paese, nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sull’attuale situazione in Guinea-Conakry.

Come considera l’operato di Doumbouya che aveva come priorità la lotta contro la corruzione nel paese?

Quando Doumbouya ha preso il potere, l’Ufdg è stato il primo partito a sostenere il cambiamento e la caduta del dittatore Alpha Condé, che si era auto-rieletto presidente con un terzo mandato illegittimo. Il nostro partito, come molte altre formazioni politiche, aveva riposto molte speranze nelle promesse dei militari, dopo anni di repressione politica e di negazione di qualsiasi diritto. La creazione del Gruppo di Riconciliazione Nazionale sembrava un segnale di cambiamento riguardo alle aspettative del popolo: una transizione che avrebbe portato a libere elezioni, riforme economiche, il ripristino di tutte le libertà e l’istituzione del Tribunale per la lotta dei reati economici e finanziari (Crief). Purtroppo, niente di tutto questo è stato fatto, visto che la corruzione dilaga nel nostro paese, c’è una forte crisi sociale e a questo si è aggiunto il proliferare del narcotraffico internazionale. Il Crief, come nel mio caso, è diventato uno strumento dei militari per condannare e incarcerare gli oppositori politici nel paese.  

Con questo clima, una transizione di 36 mesi concordata con la Cedeao, è realistica?

Quello che sembra sempre più evidente è che la giunta militare voglia restare al potere il più a lungo possibile. Ancora oggi non è stato firmato nessun accordo con la Comunità economica dell’Africa occidentale (Cedeao) o con l’Unione Africana per arrivare ad una transizione democratica del paese. Non è stata fissata nessuna data di inizio del processo democratico e di garanzia per il rispetto dei diritti umani nel paese, come promesso dai militari. I segnali vanno in direzione opposta: come il divieto a manifestare o lo scioglimento di molte organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Un altro fattore è quello della scarsa considerazione da parte della Comunità internazionale – Cedeao e alcuni paesi occidentali – che pur di mantenere i propri interessi economici in Guinea Conakry, come l’estrazione della bauxite o di idrocarburi, non ha imposto nessun tipo di pressione o sanzione alla giunta militare. 

Cosa propongono l’Ufdg e i partiti dell’opposizione per arrivare a libere elezioni?

Quello che chiediamo è l’applicazione di tutte le promesse fatte dalla giunta militare quando è salita al potere lo scorso anno: una chiara agenda per l’organizzazione di elezioni libere e democratiche nell’arco di 15 mesi, il ripristino di tutti i diritti civili e di rappresentanza politica, un percorso di conciliazione e dialogo nazionale e riforme economiche per migliorare la situazione sociale nel paese. Il nostro partito, come le altre formazioni politiche delle opposizioni, continueranno con tutti i mezzi legali a combattere per questo. Continueremo a richiedere anche alla comunità internazionale e alla mediazione della Cedeao di sostenere le nostre aspettative per arrivare, dopo la dittatura di Condé e questo difficile periodo di transizione e repressione, finalmente alla democrazia nel nostro paese.

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