Ristabilire i diritti per il popolo guineano e far tornare la democrazia. Con questo obiettivo il principale esponente delle opposizioni Cellou Dalein Diallo, presidente dell’Unione delle Forze Democratiche di Guinea (Ufdg), è in giro nei paesi europei, Italia compresa, per sensibilizzare la comunità internazionale sulla difficile situazione in Guinea-Conakry. Il manifesto lo ha intervistato riguardo al clima di repressione nel paese. 

Qual’ è la situazione nel paese dopo le morti di questi mesi, il divieto a manifestare e lo scioglimento del Fronte Nazionale per la difesa della Costituzione? 

La situazione è sempre più difficile. Ci sono state proteste nel primo anniversario del golpe (5 settembre, ndr) con almeno 11 vittime e centinaia di arresti tra i manifestanti. Il regime militare continua nella sua azione di repressione contro tutti i partiti e le associazioni della società civile contrari a questo stato di cose. Tutti quelli che si sono opposti e si stanno opponendo alla giunta militare vengono arrestati: una dimostrazione è la recente denuncia dell’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, che ha espresso le sue preoccupazioni per l’aggravarsi della situazione in Guinea o la denuncia alla giustizia francese del colonnello Doumbouya da parte del Fronte Nazionale per la difesa della Costituzione (Fndc) per complicità e torture nei confronti degli oppositori politici. Anche il mio caso è un chiaro esempio della persecuzione nei confronti di esponenti politici: in pochi mesi i militari hanno confiscato i miei beni e demolito la mia casa, un chiaro segnale da parte dei golpisti di mettere a tacere ogni tentativo di dissenso. Ho cercato di difendermi davanti alla giustizia del mio paese per la confisca delle mie proprietà, ma l’unica certezza di questo periodo è che la giustizia, come qualsiasi altro apparato del governo, è gestita dai militari come mezzo di repressione. Proprio per questo motivo sono stato costretto a lasciare il paese, nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sull’attuale situazione in Guinea-Conakry.

Come considera l’operato di Doumbouya che aveva come priorità la lotta contro la corruzione nel paese?

Quando Doumbouya ha preso il potere, l’Ufdg è stato il primo partito a sostenere il cambiamento e la caduta del dittatore Alpha Condé, che si era auto-rieletto presidente con un terzo mandato illegittimo. Il nostro partito, come molte altre formazioni politiche, aveva riposto molte speranze nelle promesse dei militari, dopo anni di repressione politica e di negazione di qualsiasi diritto. La creazione del Gruppo di Riconciliazione Nazionale sembrava un segnale di cambiamento riguardo alle aspettative del popolo: una transizione che avrebbe portato a libere elezioni, riforme economiche, il ripristino di tutte le libertà e l’istituzione del Tribunale per la lotta dei reati economici e finanziari (Crief). Purtroppo, niente di tutto questo è stato fatto, visto che la corruzione dilaga nel nostro paese, c’è una forte crisi sociale e a questo si è aggiunto il proliferare del narcotraffico internazionale. Il Crief, come nel mio caso, è diventato uno strumento dei militari per condannare e incarcerare gli oppositori politici nel paese.  

Con questo clima, una transizione di 36 mesi concordata con la Cedeao, è realistica?

Quello che sembra sempre più evidente è che la giunta militare voglia restare al potere il più a lungo possibile. Ancora oggi non è stato firmato nessun accordo con la Comunità economica dell’Africa occidentale (Cedeao) o con l’Unione Africana per arrivare ad una transizione democratica del paese. Non è stata fissata nessuna data di inizio del processo democratico e di garanzia per il rispetto dei diritti umani nel paese, come promesso dai militari. I segnali vanno in direzione opposta: come il divieto a manifestare o lo scioglimento di molte organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Un altro fattore è quello della scarsa considerazione da parte della Comunità internazionale – Cedeao e alcuni paesi occidentali – che pur di mantenere i propri interessi economici in Guinea Conakry, come l’estrazione della bauxite o di idrocarburi, non ha imposto nessun tipo di pressione o sanzione alla giunta militare. 

Cosa propongono l’Ufdg e i partiti dell’opposizione per arrivare a libere elezioni?

Quello che chiediamo è l’applicazione di tutte le promesse fatte dalla giunta militare quando è salita al potere lo scorso anno: una chiara agenda per l’organizzazione di elezioni libere e democratiche nell’arco di 15 mesi, il ripristino di tutti i diritti civili e di rappresentanza politica, un percorso di conciliazione e dialogo nazionale e riforme economiche per migliorare la situazione sociale nel paese. Il nostro partito, come le altre formazioni politiche delle opposizioni, continueranno con tutti i mezzi legali a combattere per questo. Continueremo a richiedere anche alla comunità internazionale e alla mediazione della Cedeao di sostenere le nostre aspettative per arrivare, dopo la dittatura di Condé e questo difficile periodo di transizione e repressione, finalmente alla democrazia nel nostro paese.