Diodato: «La chiusura dell’Ilva necessaria per noi e l’ambiente»
Sanremo Intervista con il cantante tarantino in gara con «Ti muovi», la sua battaglia sul polo industriale
Sanremo Intervista con il cantante tarantino in gara con «Ti muovi», la sua battaglia sul polo industriale
Quattro anni fa l’affermazione a sorpresa – ma non troppo – con l’esplosiva Fai rumore, melodia intensa, interpretazione grintosa, mise d’accordo tutti, pubblico e critica. E a rendere ’eterno’ quel ritornello ci ha pensato il covid, trasformando quel pezzo nell’inno dei balconi durante il lockdown. Diodato è tornato a Sanremo con un brano molto elegante, sofisticato verrebbe da dire, con rimandi chiaramente beatlesiani. Ti muovi segna la sua quarta apparizione sul palco dell’Ariston: «Un po’ di responsabilità per un brano che è diventato importante per tante persone la sento – racconta il cantautore tarantino -. Mi auguro che anche Ti Muovi venga accolta nello stesso modo, ma tra i due pezzi non c’è nessun confronto. Fai Rumore è una canzone mia, non mi ci devo confrontare». Il brano che porta in gara quest’anno, spiega, «è parte di un percorso, lo vivo come un punto necessario del mio processo di crescita».
Un processo iniziato dieci anni fa, quando salì per la prima volta sul palco dell’Ariston, tra le Nuove Proposte. «Da allora penso di essere cresciuto tanto, soprattutto umanamente. Credo che la musica sia un procedimento di conoscenza, di approfondimento personale».
ARTISTA POP ma anche impegno a livello sociale e politico, con le battaglie per l’ambiente e sull’Ilva, il 1 maggio tarantino organizzato insieme a Michele Riondino e Roy Paci. E proprio in Palazzina Laf dedicato alle storie del polo industriale pugliese, Diodato ha scritto il tema musicae, La mia terra. «Noi vogliamo la chiusura di quella fabbrica perché è una fabbrica che ha fatto male a tante persone. Ha portato tanti posti di lavoro, ne siamo consapevoli, ne sono consapevole. Però per me arriva sempre prima la tutela dell’essere umano e della vita. E poi arriva anche la tutela dell’ambiente perché ci viviamo anche dentro e perché è un atto criminale nei confronti di chi arriverà e si troverà in un mondo disastrato da scelte scellerate. Quindi il mio punto di vista non cambia. Io e tanti altri abbiamo provato a indicare una strada alternativa, ma non c’è mai stata volontà da parte di chi aveva il potere di cambiare le cose. Ora – ma ormai è un’ovvietà dirlo, l’Ilva non è neanche più la fabbrica che produce più acciaio non è neanche più quella priorità assoluta che poteva essere anni fa. Negli anni 80 si è raggiunta un’occupazione di oltre 30 mila lavoratori, oggi siamo a numeri molto più contenuti di circa 7 mila occupati».
IERI nella serata delle cover ha scelto di cimentarsi con Fabrizio De André, Amore che vieni, amore che vai, una bellissima versione ricca di sfumature ma anche di pathos e ruvido rock, con il supporto di Jack Savoretti. Un brano che già appartiene al repertorio dell’artista. «Ho voluto tornare su questa canzone, un po’ per celebrare il mio viaggio nella musica, iniziato con quella canzone che in una mia interpretazione fu scelta da Daniele Luchetti per la colonna sonora del film Anni Felici (del 2013, ndr). De André mi ha insegnato a scrivere, con le sue parole delicate e incisive allo stesso tempo». Quella canzone accese un riflettore sul giovane Diodato «e probabilmente fu quello a portarmi al festival di Sanremo di Fazio l’anno dopo».
Scaramantico o meno, Diodato non ha mai pensato alla vittoria: «Non sono per niente competitivo», perché «musica e arte non prevedono competizione. L’unica gara possibile è quella con te stesso, con quello che vuoi raccontare e con il riuscire a farlo. Ogni forma d’arte è una testimonianza, che noi proviamo a lasciare, di un vissuto personale».
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