Dove eravamo rimasti? Che il Consiglio di Stato aveva ordinato al Comune di Monfalcone e ai Centri culturali islamici di trovare un accordo individuando luoghi idonei – ancora provvisori in attesa della pronuncia di merito del Tar attesa per fine maggio – per garantire ai musulmani di pregare assieme. Sette giorni di tempo più che trascorsi e tavolo di confronto mai aperto perché il Comune aveva subito dichiarato che non era previsto “parlarsi” perché una istituzione parla solo attraverso atti amministrativi e, quindi, scritti. Da qui la richiesta di comunicare il numero degli iscritti alle associazioni islamiche, le date e gli orari previsti per la preghiera collettiva, il numero di persone interessate per data e orario e via così. Riproposizione, comunque, dei due prati già indicati con, al più, il capannone del Bocciodromo ma solo quando non usato da altre associazioni.

I musulmani, orrore!, chiedono di poter visionare la struttura ma non ricevono risposta. Nuovo ricorso, inevitabile, dei Centri culturali che, vista la situazione, chiedono che il Consiglio di Stato nomini un Commissario ad acta.

Non sia mai! La sindaca Cisint davanti a questa ipotesi praticamente esplode “E’ un vero e proprio attacco al cuore delle istituzioni! E’ un golpe. Il Comune non è un tappeto per pregare”. In sintesi, secondo Cisint: ci mancherebbe che un terzo incomodo si mettesse di traverso così sindacando le sacrosante ordinanze comunali, ci mancherebbe che qualcuno facesse carta straccia degli atti di una istituzione pubblica che ha già, peraltro, indicato i luoghi adeguati alle necessità e che i musulmani rifiutano perché sono “prepotenti, arroganti e anche falsi” e pretendono ci sia l’acqua per le abluzioni. Altri luoghi non ci sono. “Se il diritto di culto è costituzionalmente tutelato lo è anche il diritto al lavoro” e allora l’ invito a estetiste, artigiani e a chiunque cerchi un locale dove poter lavorare, a rivolgersi al Comune perché luoghi pubblici siano dati ai privati “o i musulmani hanno più diritti di altri?!”.

Non stupiscono le considerazioni “fuori misura” di Cisint, abituata a spararle stravaganti tipo quella raccontata a Trieste durante l’ennesima presentazione del suo libro: “Non si vogliono integrare, a tal punto che hanno puntato le antenne TV verso il Bangladesh” ma tant’è, il suo seguito resta convinto e numeroso.

In chiusura di aggiornamento: “Hanno chiesto al consiglio di Stato che nomini un commissario per trovare altri siti per la loro preghiera! Arroganti! Con fondi pubblici? Con le tasse dei cittadini? Non vorranno mica che cacciamo fuori i bambini dalle palestre! Se ciò dovesse succedere mi dimetto! Non potrei portare una fascia tricolore macchiata dalla mortificazione islamica.

Poche ore prima il deposito della sua candidatura alle europee perché “Bruxelles ha bisogno di virare, su tutto” e perché sarebbe evidente “la minaccia rappresentata dal processo di islamizzazione che, attraverso la pratica coranica della dissimulazione e con la copertura della sinistra, porta alla mortificazione delle istituzioni e al sovvertimento dei nostri valori” (così su il Tempo del 5 aprile).

A Monfalcone sono stati avvelenati i pozzi e c’è da chiedersi se la politica della Cisint punti solo ad aizzare a fini elettorali i propri sostenitori o anche ad esacerbare gli animi di coloro che vedono i propri diritti vilipesi e la propria fede mortificata. Le forze di opposizione lo dichiarano da tempo e con forza: quando ne trarranno le conseguenze?