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Detenuti al lavoro nei cantieri post sisma

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Carcere Trentacinque gli istituti di pena interessati. Il protocollo benedetto da Zuppi

Pubblicato 24 giorni faEdizione del 11 settembre 2024

Milleduecento detenuti saranno impiegati come lavoratori edili per la ricostruzione post sisma del 2016. Ieri è stato firmato un protocollo tra il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il Commissario straordinario di governo per il sisma 2016, il senatore Guido Castelli, il presidente della Cei Matteo Zuppi, dal presidente Anci, Roberto Pella e dal presidente nazionale dell’Ance, Federica Brancaccio, con lo scopo di rafforzare le opportunità lavorative in favore della popolazione detenuta delle regioni di Abruzzo, Lazio, Marche, Molise e Umbria.

Trentacinque gli istituti penitenziari interessati dal progetto, tutti presenti nelle province di Fermo, Teramo, L’Aquila, Perugia, Spoleto, Ancona, Rieti, Ascoli Piceno, Macerata e Pescara. Zone colpite duramente dal terremoto di 8 anni fa e che ancora vedono solo la metà dei lavori previsti completati, come ha ammesso il commissario Castelli. Al momento non ci sono stime sul numero dei detenuti, anche donne, che effettivamente parteciperanno, dipenderà dalle autorizzazioni rilasciate dai magistrati di sorveglianza. «Questo Protocollo – ha commentato il cardinale Zuppi – ha una doppia valenza: da una parte dà la possibilità ai detenuti di lavorare, restituendo loro dignità e aprendo orizzonti di futuro, dall’altra ricorda che il carcere è per la rieducazione e la riparazione, mai solo punitivo».

Il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro ha rivendicato politicamente la firma accusando, come sempre, le opposizioni: «Mentre la sinistra continua a parlare di svuotacarceri ed indulti mascherati, per il Governo Meloni la parola d’ordine contro il sovraffollamento carcerario è lavoro, lavoro, lavoro». In realtà il protocollo è un rinnovo di un precedente accordo dello scorso anno a sua volta basato sul modello di un progetto simile avviato con i richiedenti asilo nella precedente legislatura con Fillea Cgil. Ed è il sindacato ad assicurare che le persone detenute non saranno sfruttate come forza lavoro coatta.

I futuri operai saranno abilitati dalle scuole di formazione edile e pagati secondo il contratto nazionale. «Saranno dipendenti a tutti gli effetti – spiega Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil – e impareranno un mestiere in un contesto solidale come i cantieri che sono già luoghi di inclusione perché multiculturali». Quanto al paventato rischio di dumping Genovesi è netto: «in questo settore la domanda supera l’offerta, nell’edilizia a livello nazionale mancano tra i 70 e gli 80 mila lavoratori».

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