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Decreto Minniti, gli effetti collaterali

Fuoriluogo La rubrica settimanale a cura di Fuoriluogo

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 10 maggio 2017

A settembre dello scorso anno il vicesindaco leghista di Trieste firma un’ordinanza «antibarboni». A dicembre il TAR del Friuli Venezia Giulia annulla l’ordinanza: l’amministrazione locale può vararle solo per «fronteggiare eventi e pericoli eccezionali ed emergenziali» che minaccino «l’incolumità pubblica».

A fine dicembre la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani scrive al Ministro dell’Interno Minniti: «Ti chiedo di porre allo studio, ove possibile e contemplato, l’avvio di rimpatri che potrebbero avere un significato simbolico e deterrente soprattutto nei confronti degli elementi meno integrati».

A febbraio, il Ministro dell’Interno Minniti e quello della Giustizia Orlando varano due decreti-legge, su immigrazione e sicurezza urbana, li portano alle Camere e con voto di fiducia ne ottengono la conversione in legge.
Molto è stato detto sulla pericolosità insita nei due provvedimenti: compressione del diritto d’asilo per i richiedenti protezione internazionale; parificazione a pubblico ufficiale dell’operatore sociale per alcune fattispecie procedurali; «innovativi» strumenti in mano ai sindaci come il mini Daspo, un confino urbano in cui costringere le persone che «minano il decoro urbano». Sono solo alcune delle novità che portano ad un effettivo diritto differenziato.

Ad ogni categoria sociale corrisponde un diritto diverso e minore. Una legge non uguale per tutti decide della libertà di movimento e delle possibilità di vita. Viene resuscitato anche un articolo già dichiarato incostituzionale, l’ex 75 bis della legge quadro sulle droghe, recuperando in questo modo una parte della legge Fini-Giovanardi di cui francamente nessuno sentiva particolare nostalgia. In questo modo si potrà sanzionare amministrativamente anche chi, pur avendo subito una condanna, non ha ancora ricevuto una sentenza definitiva.

In soli pochi giorni si scatenano gli amministratori locali del nostro Paese. Effetto triste, ma prevedibile.

Daspo a Firenze: il questore intima a un paio di spacciatori il divieto di stazionare nella zona di Santo Spirito per 2 anni. A Milano Daspo urbano di 48 ore a 3 writer spagnoli. A Bari il Daspo colpisce 4 giovani che hanno occupato abusivamente Villa Roth. A Benevento il sindaco Mastella partecipa al Comitato provinciale e l’intero centro storico diventa area tutelata. A Roma si parla di un’ordinanza estesa a tutto il centro storico oltre a Pigneto, Testaccio e Trastevere; a Sassuolo un Daspo a madre, figlio e a un altra persona che dormivano in strada e ricaricavano il telefonino a una presa elettrica comunale. Essendo le tre persone di un altro comune, viene contestualmente notificato Daspo e allontanamento. Un confino a casa loro.

Di questi giorni il rastrellamento etnico a Milano e la caccia all’uomo a Roma in cui è morta una persona: la colpa? essere un venditore abusivo.

La primogenitura dell’applicazione della legge è rivendicata dal sindaco di Gallarate, che vanta già un piccolo record: 10 le persone sottoposte a Daspo, sette dei quali, di allontanamento dalla stazione ferroviaria, sono destinati a profughi e mendicanti.

Il sindaco di Arezzo, oltre a due ordinanze che vietano la vendita di alcolici dalle 13 alle 8 per evitare bivacchi, afferma: «Una delle piaghe che affligge la nostra realtà è quella degli accattoni. Ce ne sono ovunque. Invito la popolazione a non sovvenzionarli».

Tutti uniti nella convinzione che il consenso si costruisca sulla paura e sul pugno di ferro.

La guerra ai poveri è stata dichiarata, adesso bisogna colpire anche i solidali.

E’ davvero in gioco il senso di umanità che ancora ci rimane.

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