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Decreto Cutro, un altro sciacallaggio che uccide

Decreto Cutro, un altro sciacallaggio che uccideLa spiaggia di Cutro e il ricordo delle vittime – ANSA/FRANCESCO ARENA

Immigrazione Al di là dei limiti di una opposizione che si è incagliata su politiche migratorie ipocrite, i movimenti organizzati della società civile daranno battaglia, sui territori, e non solo, accanto ai migranti

Pubblicato più di un anno faEdizione del 6 maggio 2023

Sciacallaggio. Si dice così quando si usano i morti per uccidere i vivi. Lo avevano già fatto con il Decreto n.1/2023 sulla «gestione dei flussi migratori», dopo i naufragi a fine dello scorso anno, con il risultato di una successiva catena di stragi, dopo l’allontanamento delle navi del soccorso civile, con l’espediente del porto di sbarco assegnato in località sempre più lontane. E lo stanno facendo ancora con lo scempio del Decreto Cutro.

Definizione che offende, sulla pelle delle vittime di una Strage di Stato, prendendosi gioco del Parlamento, ormai organo di ratifica delle scelte governative, con una svolta repressiva che viola principi basilari della Carta Costituzionale, come il principio di uguaglianza (art.3), il diritto di asilo (art.10),il diritto alla libertà personale (art.13),il diritto alla salute (art.32), il diritto ad un ricorso effettivo (art.24), in particolare contro atti della Pubblica amministrazione (art.113). L’abrogazione di fatto della protezione speciale, anche nei casi di effettivo inserimento sociale in Italia, viola l’art. 10 della Costituzione e l’art.8 della CEDU. Perché la giurisprudenza aveva già riconosciuto la protezione umanitaria come una forma dell’asilo costituzionale.

La riduzione dei casi di proroga e conversione dei permessi di soggiorno per i minori stranieri non accompagnati avrà effetti devastanti sulla vita di giovani adulti rigettati nella clandestinità, con il rischio di cadere nelle più tragiche forme di devianza. La soppressione della possibilità di convertire il permesso di soggiorno per protezione speciale in un permesso per studio o per lavoro annulla le aspettative di migliaia di persone. Non si uccide con l’abbandono in mare, ma si cancellano speranze e opportunità.

La restrizione sul riconoscimento delle «gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie», sostituite dal richiamo a «condizioni di salute derivanti da patologie di particolare gravità, non adeguatamente curabili nel Paese di origine», lede il diritto alla salute (art. 32 Cost.), perchè nei paesi di origine le cure mediche non sono garantite ai non abbienti.

Il sistema di accoglienza è affidato ai provvedimenti da «stato di emergenza» dei prefetti, con la violazione dei principi in materia di libertà personale affermati dal’art.13 della Costituzione e ribaditi dalla CEDU, che ha già condannato l’Italia per i trattenimenti arbitrari a Lampedusa (caso Khlaifia).Si verificherà un aumento esponenziale dei casi di respingimento «differito» disposti dai questori dopo la nuova formulazione della disciplina delle «procedure accelerate in frontiera» per l’esame delle richieste di protezione. Il raddoppio dei Cpr, ventilato dai tempi di Minniti, non darà alcuna maggiore effettività alle misure di espulsione ma produrrà soltanto disperazione e tensioni sociali.

La limitazione dei diritti di ricorso contro i dinieghi della protezione, oggetto di un indegno rimbalzo tra Camera e Senato, viola la garanzia di un diritto di difesa effettivo, davanti ad un organo giurisdizionale indipendente ed imparziale (art. 24 Cost e art. 6 CEDU). Se si incrociano gli effetti del Decreto del ministero degli esteri del 17 marzo scorso sui «paesi terzi sicuri», che ne amplia la lista e restringe il riconoscimento della protezione a chi provenga da paesi come la Nigeria, il Gambia, la Tunisia, con il testo definitivo del Dl Cutro n.20/2023,si vedono gli effetti nefasti della deterrenza attuata attraverso un reticolo di misure amministrative che restringono l’accesso ad uno status legale di soggiorno. Come se in questo modo fosse possibile ridurre la presenza di immigrati in Italia.

Questa modalità di governo dei «flussi migratori» per contrastare il «pericolo» della «sostituzione etnica» che costituisce, al di là delle parole sfuggite ad uno sprovveduto ministro, la principale preoccupazione dell’intero governo, moltiplicherà solo la clandestinità, l’esclusione e lo scontro sociale. Una valanga di ricorsi sommergerà i Tribunali, fino alla Corte di Cassazione. Anche se nei centri di accoglienza verranno aboliti «la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale». La solidarietà arriverà oltre le recinzioni dii filo spinato.

Al di là dei limiti di una opposizione che si è incagliata su politiche migratorie ipocrite, basate su accordi con paesi che non rispettano i diritti umani, come la Libia (dai Protocolli operativi con la Guardia costiera libica del 2007 con il secondo governo Prodi, fino al Memorandum d’intesa Gentiloni- Minniti con il governo di Tripoli del 2017), i movimenti organizzati della società civile daranno battaglia, sui territori, e non solo, accanto ai migranti. Non è una previsione,è una promessa ed un impegno.

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