«Quello di Mélenchon è un risultato straordinario, con lui mi auguro di poter costruire un fronte europeo di sinistra innovativa e radicale. Ci incontrammo a Napoli nel 2018, apprezzò il lavoro che stavamo facendo sui beni comuni, sull’ex opg, insieme ai centri sociali. Ci siamo intesi subito». Luigi De Magistris, per 10 anni sindaco di Napoli, guarda con ammirazione e un pizzico di invidia al risultato di France Insoumise.

Quale lezione per la sinistra radicale in Italia?
Il risultato francese ci spinge a costruire quella sinistra che oggi non c’è. O meglio: c’è una sinistra diffusa che non trova più rappresentanza.

Un problema di vecchia data…
Negli ultimi anni a livello nazionale non c’è stata la capacità di mettere insieme i pezzi, e non ci sono state neppure figure in grado di fare quel lavoro paziente di connessione, sui territori, coi movimenti. Un lavoro per costruire una sinistra autonoma, che non cerca mezza poltrona in cambio di un accordo col Pd. Una sinistra di lotta ma anche in grado di governare, affidabile.

Lei si propone per fare questo lavoro?
Rivendico l’esperienza di governo a Napoli come quella più a sinistra degli ultimi dieci anni. Abbiamo tenuto insieme tutta la sinistra, tutte le forze che sostengono Draghi erano all’opposizione, più Fratelli d’Italia. Poi alle regionali in Calabria, nel 2021, abbiamo preso il 17% senza soldi, una campagna fatta con lo zainetto in spalla.

Vede uno spazio politico fuori dal centrosinistra?
Faccio una premessa: Pd e 5 stelle oggi sono forze di centro che hanno votato l’aumento delle spese militari e l’invio di armi in Ucraina, la sinistra non c’è, in Parlamento è rappresentata dal solo Fratoianni che ha un diritto di tribuna. L’elettorato potenziale c’è, abbiamo verificato che se c’è una proposta arriva anche la risposta.

Dove sta questo elettorato?
Nell’astensione, in un pezzo di delusi dal M5S. Ma anche in un mondo più moderato che non vuole votare partiti a favore della guerra e del riarmo.
Rifondazione e Potere al popolo stanno lavorando per una lista con lei.
Sì, lavoriamo insieme. Ma non basta. C’è una opposizione sociale, un elettorato diffuso che chiede contenuti diversi e credibilità. Se vuoi fare il fronte dei non allineati al sistema, devi essere credibile per la tua storia.

Insomma, lei vorrebbe fare il Mélenchon italiano?
Non mi piace fare paragoni con luoghi e storie che hanno la loro peculiarità. So perfettamente che da solo non vado da nessuna parte, ma mi metto a disposizione con volontà, tenacia, umiltà, e anche amore. Ora ho molto tempo a disposizione per girare l’Italia, mi entusiasma l’idea di costruire una coalizione sociale e popolare dei non allineati.

Contro il Pd e i suoi alleati?
Con i dem una alleanza è impossibile. Lo era già prima, ma la guerra ha segnato una divaricazione ancor più netta. Noi costruiremo una alternativa al draghismo, al liberismo, all’economia di guerra. Non un fronte di chi dice solo no, ma di chi ha una proposta di governo.

Anti-sistema e di governo non sono due concetti in contraddizione?
No, e credo di averlo in parte dimostrato governando. Si può essere di rottura rispetto al sistema del liberismo, delle privatizzazioni, del compromesso morale, della devastazione ambientale. E farlo governando.

Faccia un esempio.
A Napoli abbiamo rispettato il risultato del referendum sull’acqua pubblica. Praticamente siamo stati gli unici.

Per fare una lista nazionale non basta essere radicati al sud.
C’è un anno di lavoro durissimo da fare, anche al Nord. Ricordo però che nel 2009, quando mi candidai alle europee da indipendente nell’Idv, dei 500mila voti che presi la maggioranza erano nel centronord. Non partiamo da zero.

In cosa il vostro programma sarà diverso da quello del centrosinistra?
Ripeto che non esiste un centrosinistra. La nostra sarà l’unica proposta di sinistra. Punteremo su salario minimo, ribaltamento dei rapporti di forza tra persona e capitale, riduzione dell’orario di lavoro, riequilibrio fiscale a favore dei più deboli. Vogliamo ripensare le politiche energetiche e ambientali, dopo che Pd e M5s hanno tradito le promesse green, tagliare le spese militari a favore di sanità e istruzione, lotta alle mafie, una politica estera non subalterna agli interessi americani. Non vogliamo rivolgerci solo a pensionati e lavoratori dipendenti, ma anche le piccole imprese, gli autonomi.

Mélenchon ha sfondato nelle periferie.
Ho una certa esperienza in materia. E non solo le periferie urbane, ma anche le aree agricole, le montagne della Calabria.

Di Battista può essere un vostro interlocutore? Anche lui apprezza Mélenchon.
Penso di sì. Ha fatto degli errori ai tempi del Conte 1, si è crogiolato con la la storia che non esistono destra e sinistra, ma ha dimostrato coerenza. E sulla guerra siamo in perfetta sintonia. Vorrei capire però se ha un progetto alternativo in mente, o se vuole dare una mano a Conte per riportare i 5 stelle ai temi delle origini.

Anche nel 2013 la sinistra radicale si affidò a un magistrato, Antonio Ingroia. Non andò bene.
Nessun replay, posso assicurarlo. Ingroia ha una bella storia da magistrato, ma non c’è nessun paragone o connessione con quell’esperienza. Abbiamo due modi di intendere la politica completamente diversi.

Alle elezioni manca meno di un anno.
Siamo partiti e non ci fermiamo più, gireremo tutta l’Italia, è iniziata la fase di costruzione dal basso di un nuovo soggetto. Alle elezioni avremo il nostro simbolo, serve un contenitore nuovo con contenuti nuovi, come ha fatto Podemos in Spagna. La guerra ha accentuato la necessità di far prevalere le ragioni dell’unità, di mettersi in gioco con responsabilità e maturità in un progetto più grande.