Trentuno anni appena compiuti, origini pakistane, in carcere da settembre per rapina e lesioni ma ancora in attesa di primo giudizio. Si è impiccato martedì intorno alle 23 nella sua cella del carcere romano di Regina Coeli. Era sottoposto, nella VII sezione, a regime di «grandissima sorveglianza» per episodi di autolesionismo. Ma, come spiegano Stefano Anastasia e Valentina Calderone, rispettivamente Garante dei detenuti del Lazio e di Roma, «la sorveglianza, grandissima o no che sia, ormai a Regina Coeli nel turno di notte è affidata a un numero di agenti che si contano sulle dita, mentre la conta dei detenuti arriva a 1.150 per 628 posti effettivamente disponibili, per un tasso di affollamento del 180%, il più alto nel Lazio, tra i più alti in Italia».

Il 38° suicidio nelle carceri italiane (più uno in un Cpr) dall’inizio dell’anno si registra, insieme ad altri due tentativi (ad Avellino una donna e a Rieti un uomo) sventati nelle stesse ore dalla polizia penitenziaria, mentre nelle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera continua in sede referente l’iter del ddl Sicurezza che ambisce a riempire ancora di più le carceri e a fare scudo ad ogni eventuale uso improprio della forza da parte di chi deve mantenere l’ordine in queste condizioni.

Ma proprio riguardo al ddl Sicurezza va registrata – perché non usuale – la contrarietà, almeno in parte, che il Collegio del Garante nazionale dei detenuti nominato dal governo Meloni ha messo nero su bianco in una memoria depositata nelle Commissioni riunite. La proposta «considerata nella sua totalità» può comportare – scrivono Felice Maurizio D’Ettore, Irma Conti e Mario Serio – «con riguardo ad alcuni profili sanzionatori, effetti parzialmente incrementativi della popolazione carceraria, ferma restando la valutazione parlamentare del disvalore sociale del fatto incriminato e delle conseguenze punitive connesse alla ragionevole considerazione del principio di offensività in riferimento alle singole fattispecie incriminatrici. È notorio che l’attuale periodo storico sia contraddistinto dal tema nevralgico del sovraffollamento carcerario anche legato ad una serie di vicende e criticità risalenti nel tempo».

Insomma, un modo formale per mettere in guardia la maggioranza sul ddl Sicurezza senza però prendere le distanze dall’ideologia che lo anima, e per dire che quel testo di legge non farà altro che aggravare una situazione già al collasso, con un sovraffollamento medio del 130,5%. «L’aspetto da segnalare – si precisa infatti – consiste nella crescita graduale e costante della popolazione detenuta, su cui sia il Garante nazionale sia il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, convergono». In particolare, il Collegio «esprime perplessità» sulla nuova fattispecie di reato ascrivibile ai migranti (anche minori non accompagnati) che nelle strutture a loro riservate si ribellino in gruppo di due o tre, anche con «resistenza passiva», agli ordini impartiti. «L’equiparazione delle condotte di violenza e di minaccia – scrive il Collegio – a quella di resistenza passiva potrebbero eccedere i limiti della ragionevolezza». Potrebbero.