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Ddl sicurezza in aula. Forza italia contro i neonati in cella, ma dribbla lo Ius scholae

Ddl sicurezza in aula. Forza italia contro i neonati in cella, ma dribbla lo Ius scholaeMamme in carcere coi bambini – Ansa

Diritti Le destre introducono tredici reati. Dalla cannabis alla lotta agli sfratti la maggioranza costruisce i nuovi nemici pubblici

Pubblicato 26 giorni faEdizione del 10 settembre 2024

Comincia oggi alla camera la discussione generale sul Ddl sicurezza, che fin dall’esame nelle commissioni affari costituzionali e giustizia è diventato un contenitore delle campagne panpenalistiche (vi sono tredici nuove fattispecie di reato e aggravanti) ed emergenziali della destra: dalla cannabis alle occupazioni abitative passando per gli allarmi sui migranti, il cosiddetto «decoro urbano», la stretta (ennesima anche questa) contro chi si mobilita per fermare le grandi opere, fino al reato di rivolta in carcere.

L’ordine di scuderia presso la maggioranza è di non intervenire ulteriormente. L’indicazione è stata sostanzialmente rispettata da Lega e Fratelli d’Italia, anche se il termine per la presentazione degli emendamenti scade quest’oggi. Sulle detenute madri, Forza Italia ha mantenuto il punto e ha depositato un emendamento che «corregge» quanto approvato in commissione da FdI e Lega. Forza Italia chiede sostanzialmente il ripristino del differimento obbligatorio della pena per le madri con figli fino a un anno pur introducendo una stretta sulle recidive. In pratica, sostiene il provvedimento, se si è in carcere per un ‘incidente’, madri e bambini restano fuori, se il bambino esce e vive in una condizione di illegalità e indigenza peggiore del carcere, allora vanno in un istituto per detenute madri.

I salviniani, non contenti, starebbero pensando di infilare qualche altra perla. È inevitabile che la discussione (e le tensioni nella maggioranza) attorno alla cittadinanza si ripercuotano nel testo. Dunque, se sia Azione che Pd hanno depositato emendamenti sullo ius scholae, il capogruppo azzurro alla Camera Paolo Barelli afferma che Forza Italia non lo voterà perché «sarebbe strumentale e provocatorio riguardo un tema così serio che tratta la cittadinanza». Antonio Tajani in persona, assicura, «sta elaborando un testo completo che sarà oggetto di confronto con gli altri partiti della maggioranza». Dal canto loro, i leghisti stanno valutando l’opportunità di inserirne uno sulla sospensione delle procedure per l’acquisizione della cittadinanza in caso di «reati gravi». Gli emendamenti arrivano a stragrande maggioranza dall’opposizione che contesta il provvedimento su tutta la linea in quanto «illiberale, repressivo e foriero di insicurezza»: si dovrebbe arrivare a 400 totali. Tra le altre, una novantina di richieste sono arrivate dal Partito democratico, quasi 200 dal Movimento 5 Stelle, 30 da Alleanza Verdi Sinistra e circa 20 da +Europa. Si proverà a fermare anche l’articolo 8, che modifica il codice penale in forme preoccupanti che disegnano un accanimento contro chi si mobilita per il diritto alla casa o si organizza per fermare sfratti e sgomberi, secondo uno schema già denunciato oltre che dai sindacati degli inquilini, dai movimenti e da diversi giuristi, anche dal relatore delle Nazioni unite che si occupa di diritto all’abitare.

Ieri Riccardo Magi ha rilanciato la voce dei produttori di cannabis light contro l’articolo 18 del Ddl, che andrebbe a modificare le norme sulla vendita sulla marijuana senza principio attivo. Il segretario di +Europa sottolinea «l’approccio ideologico» del governo: «Sarebbe la prima volta in assoluto che un governo si muove direttamente per tagliare le gambe ad un intero comparto con circa 30 mila lavoratori» soltanto per via dello «stigma sulle parole ‘canapa’ e ‘cannabis’, che risvegliano i peggiori impulsi di carattere ideologico che arrivano direttamente da Palazzo Chigi». Magi punta il dito sul sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano «che da tempo ha promesso una guerra santa contro il settore». Magi tuttavia assicura: «Il testo è destinato a schiantarsi nei tribunali, essendo contraddittorio sia con la legge italiana che con la normativa europea».

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