«Abito da quarant’anni al Labaro, una storica borgata di Roma. Prima coi miei genitori stavamo in affitto a San Lorenzo, ma il costo era troppo alto per loro, un artigiano e una casalinga, e così andammo al Labaro. La casa dove vivo adesso con mia moglie e mio figlio è di 90 metri quadri, l’ho pagata 180mila euro vent’anni fa. Qui ho fatto le medie, poi grazie ai sacrifici di mia madre sono andato all’Università, sociologia. Ho perso mio padre da ragazzo». Alessio D’amato, candidato del centrosinistra alle regionali del Lazio, prima del Covid era uno sconosciuto assessore regionale alla Sanità, più tecnico che politico, anche se ha una lunga storia nella sinistra, dal Pci a Rifondazione fino al Pd. La buona gestione della campagna vaccinale, che nessuno si aspettava da queste parti, lo ha proiettato sulla scena nazionale. E ora ci tiene a raccontare la sua «storia normale» per sottolineare le differenze di status con l’avversario di destra Francesco Rocca, finito nel tritacarne per una casa comprata da poche settimane nel quartiere chic della Camilluccia da un ente previdenziale, Enpaia, con uno sconto del 30%. Solo 570mila euro per 190 metri quadri, il 30% in meno del prezzo di mercato. «Basta con i favoritismi e i privilegi. Le spiegazioni che Rocca ha fornito mi ricordano quelle che l’allora ministro Scajola diede tanti anni fa sulla casa al Colosseo comprata a sua insaputa», attacca D’Amato.

E tuttavia Rocca è ancora il grande favorito.

Non nego che la destra in questo momento sia ancora forte in Italia. Ma pesa la scarsa credibilità del loro candidato: la casa, i ricorsi al Tar per irregolarità nelle liste, le note vicende familiari. Gli elettori si stanno accorgendo che con questa destra la regione tornerebbe ai tempi bui di Storace, che hanno portato a dieci anni di commissariamento della sanità e alla vendita di 49 ospedali. Il clima sta cambiando man mano che ci avviciniamo al voto. Dopo l’ok del governo all’autonomia differenziata di Calderoli, le regionali sono diventate la prima occasione per i cittadini per dire no a questo progetto che spacca l’Italia e crea danni irreversibili a scuola e sanità pubbliche. Io da presidente della seconda regione italiana mi opporrò in tutte le sedi a questo disegno.

Perchè l’autonomia danneggerebbe il Lazio?

Per il presupposto sbagliato che i conti si farebbero sulla base della spesa storica. E dunque chi è più indietro rispetto alle regioni del Nord andrà sempre più indietro. E il Lazio è storicamente penalizzato nei trasferimenti di risorse perchè non si tiene conto del ruolo di Roma Capitale. Penso ai trasporti pubblici, su cui il Lazio riceve molto meno di quanto serve, ma non solo. La pandemia ci ha insegnato che sui temi cruciali non servono 20 risposte diverse, ma più uniformità a livello nazionale.

Lei si propone in forte continuità con le giunte Zingaretti. Forse manca qualche idea nuova?

Sono orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto, il Lazio oggi ha tutti i fondamentali in regola. Nei primi 9 mesi del 2022 l’export ha raggiunto il record di 25 miliardi. Ma voglio innovare a a partire dalla riduzione delle diseguaglianze. Di qui la proposta del reddito di formazione, 800 euro al mese per almeno un anno per giovani tra i 18 e i 35 che non studiano e non lavorano. Pensiamo di raggiungere almeno 10mila persone che saranno formate soprattutto nell’assistenza domiciliare per gli anziani. E poi ho proposto a Luigi Manconi di guidare un nuovo assessorato ai Diritti e alle garanzie. Si occuperà di diritti umani e civili, di disabilità, di sostetgno ai più deboli.

Da assessore ha gestito bene le vaccinazioni. Ma i cittadini protestano per le intollerabili liste d’attesa negli ospedali.

Il commissariamento è stato durissimo: blocco del turn over, uscita di 12mila operatori sanitari. Ora siamo fuori dal tunel, abbiamo già finanziato 6 nuovi ospedali che saranno pronti in tre anni, E investiremo 200 milioni l’anno per 5 anni per assumere nuovo personale e tenere aperti più a lungo i laboratori. E permetteremo alle farmacie e ai medici ci base di fare alcuni esami come le ecografie. Ma non voglio farla facile: in Italia si investono sulla sanità pubblica 30 miliardi in meno del necessario. E l’ultima manovra del governo Meloni non ha fatto nulla per invertire questa tendenza: se non si cambia rotta il sistema rischia il collasso.

Dopo il divorzio dal M5S, lei ora punta al voto disgiunto. Chiede agli elettori del Movimento di votare lei e non la loro candidata Donatella Bianchi. Una mossa un po’ azzardata, non trova?

Chi non vuole che torni la destra può tranquillamente votare per il M5S e poi l’unico candidato in grado di battere Rocca, il sottoscritto. La legge elettorale lo consente.

Bianchi si è legittimamente infuriata.

Ma il voto a lei non servirebbe a nulla. In consiglio regionale entra solo il secondo arrivato e lei non ha alcuna chance di battere la destra. Quello a Bianchi è un voto doppiamente sprecato Per questo insisto: e in molti tra i loro elettori mi stanno dicendo che lo faranno.

Poi, se eletto, lei non avrebbe la maggioranza.

Successe anche nel 2018 a Zingaretti, e il problema è stato risolto positivamente con una larga coalizione progressista.

Con il M5S.

E infatti in questo momento siedono ancora in giunta, mi pare che abbia funzionato…

Lei attacca Rocca sulla casa ma ha una condanna della Corte dei Conti a risarcire la regione con circa 300mila euro per una vicenda che riguarda una associazione da lei presieduta in passato.

C’è un appello in corso e sono molto fiducioso che la cosa si risolva. Non c’è nessuna accusa di arricchimento personale, semmai una errata rendicontazione su cui non ho alcuna responsabilità. Ero solo presidente onorario di quella associazione.

Conte l’ha attaccata duramente.

Parliamo del premier che propose la mia nomina come ufficiale al merito della repubblica? Non mi pare che allora si pose questo problema. Chiara Appendino ha una condanna penale in primo grado eppure siede in Parlamento ed è uno dei volti di punta del M5S. Non si può essere garantisti solo con gli amici.

Lei rivendica una storia a sinistra del Pd. Eppure uno dei suoi principali sponsor è Calenda.

Ci sono importanti differenze tra noi, ma dal Pci e dalla Resistenza ho imparato la necessità di dialogo anche con culture diverse, come quella repubblicana a cui si richiama Calenda. Questo sostegno non mi imbarazza, anzi lo considero un fatto positivo.