Internazionale

Dall’Ohio all’Arkansas, le restrizioni progressive e il fantasma del diritto all’aborto

Dall’Ohio all’Arkansas, le restrizioni progressive e il fantasma del diritto all’aborto

Il golpe in casa Negli stati Gop si preparano leggi che emulano quella del Texas e vietano l’Ivg

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 12 dicembre 2021

Sono 106 le restrizioni all’accesso all’aborto varate sinora, nel solo 2021, dagli stati Usa repubblicani: il numero più alto – riporta il Guttmacher Institute – dalla sentenza Roe v Wade che nel 1973 ha reso l’Ivg un diritto costituzionalmente garantito. A imbaldanzire le legislature pro-life come è noto è la supermaggioranza conservatrice alla Corte suprema che – probabilmente quest’estate – si esprimerà proprio su Roe v Wade, secondo le previsioni di molti ribaltandola e sancendo la fine del diritto all’aborto.

E ANCHE LA SENTENZA che venerdì è sembrata una parziale vittoria contro la legge del Texas che vieta l’Ivg dal momento in cui è riscontrabile il battito cardiaco del feto (circa 6 settimane) in realtà, scrive su The Atlantic Mary Ziegler, «quasi invita gli altri stati a imitare l’approccio del Texas, creando la possibilità di ulteriore caos costituzionale». Ed è esattamente quello che gli stati a trazione Gop stanno facendo.

IN OHIO una proposta di legge – la SB13 – ricalca puntualmente il meccanismo della SB8 texana insignendo i privati cittadini del ruolo di cacciatori di taglie e spingendosi perfino oltre il limite delle 6 settimane: l’aborto sarebbe vietato sin dalla fecondazione dell’ovulo, e consentito solo in caso di pericolo di vita della madre. E come molti altri stati, l’Ohio prepara anche il suo trigger ban: un regolamento che entrerebbe in vigore automaticamente – mettendo fuorilegge qualunque forma di aborto – se la Corte suprema dovesse stabilire che l’Ivg non è più un diritto costituzionalmente garantito, autorizzando gli stati a legiferare in merito come meglio credono. E questo nonostante il 55% dei cittadini dell’Ohio, secondo un sondaggio del 2019 dell’università di Quinnipiac, sostengano che l’aborto debba essere legale in «tutti» o «la maggior parte» dei casi. I loro rappresentanti però, dice al Washington Post la direttrice di Naral (National Abortion and Reproductive Rights Action League) in Ohio Kellie Copeland, a causa del gerrymandering repubblicano, sono per due terzi pro-life.

In Arkansas, i legislatori Gop sostengono un disegno di legge pensato anch’esso per vietare ogni forma di aborto, e in cui si dettaglia un disgustoso paragone della personhood (lo status di essere umano) di un feto con quella degli afroamericani – la Corte suprema, scrivono i deputati dell’Arkansas, deve rettificare le ingiustizie nei confronti dei feti come in passato ha fatto con i cittadini neri degli Usa.

IL TEXAS, testa d’ariete contro il diritto all’aborto, oltre ad aver varato la Heartbeat Law, dal 2 dicembre implementa anche una restrizione sui farmaci abortivi: proprio quelli più usati per interrompere la gravidanza prima delle sei settimane.
Lo scenario distopico che si staglia nell’orizzonte degli Stati uniti trova nella battaglia sull’aborto una delle sue tante incarnazioni, potenzialmente lesive dello stesso funzionamento della democrazia Usa e delle sue istituzioni a partire dalla Corte suprema, come ha notato la giudice Sonia Sotomayor durante l’udienza sulla legge del Mississippi con cui si intende ribaltare Roe v Wade: «Potrà questa istituzione sopravvivere al fetore che creerà la percezione, nel pubblico, che la Costituzione e la sua interpretazione siano solo atti politici?».

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