Da giorni i commenti circolavano sottotraccia. Ieri il caso è esploso all’avvio della riunione del parlamentino dell’Associazione nazionale magistrati. Un’altra toga, Antonio Sangermano, capo della procura dei minori di Firenze, è stata chiamata da Nordio al ministero. Guiderà il dipartimento della giustizia minorile. Per quasi tutti la particolarità della notizia sta nel fatto che adesso collaborerà con il governo di destra il pm che accusò Berlusconi nel processo Ruby a Milano. L’unico che sia riuscito a ottenerne la condanna (7 anni), poi i comportamenti del Cavaliere non furono ritenuti penalmente rilevanti, tanto che fu assolto in appello e Cassazione. Per l’Associazione nazionale magistrati la straordinarietà sta invece nel fatto che Sangermano passa direttamente dal vertice del “sindacato delle toghe” – fino al 20 gennaio era infatti nel comitato direttivo centrale – al ministero che fa da controparte all’Anm.

È Paola Cervo, giudice della Corte di appello di Napoli, a presentare al parlamentino dei magistrati un documento di Area, una delle due correnti di sinistra, che solleva «un problema politico evidente: il passaggio diretto a un ruolo apicale, strettamente fiduciario nella scelta, espone l’associazione al rischio di essere considerata vicina al potere politico… Speriamo che non sia il segno di una vicinanza, che è cosa ben diversa dalla leale collaborazione». Sangermano è uno degli esponenti di punta di Magistratura indipendente, la corrente di destra che ha vinto le elezioni per il Csm. In passato è stato della corrente centristra di Unicost, uscita terremotata dallo scandalo Palamara,

Sangermano guidò il passaggio di un pezzo di quella corrente nella destra di Mi. Se la questione della collaborazione delle correnti con i ministri della giustizia è eterna (le correnti si rinfacciano a turno il collateralismo), non si trovano precedenti di un salto diretto dal vertice dell’Anm al ministero. Anche perché è un salto vietato dallo statuto dell’associazione che all’articolo 25-bis dispone: «Gli associati si impegnano a portare a termine gli incarichi elettivi assunti fino alla loro naturale scadenza» e che i componenti del comitato direttivo «si impegnano a non accettare incarichi fuori ruolo di qualsiasi natura prima della scadenza». L’autodifesa di Mi è gracile: la regola c’è ma non è tassativa perché non è prevista sanzione. Eppure Sangermano sarebbe stato sicuramente espulso dall’Anm per violazione dello statuto, se non avesse pensato lui stesso a dimettersi prima, in tempo per accettare l’incarico al ministero. L’unico precedente che si ricordi riguarda ancora Mi ed è quello di Cecilia Bernardo, giudice del Tribunale di Roma che fa parte della giunta esecutiva dell’Anm (è direttrice della rivista dell’associazione) e da quella posizione “esecutiva” è entrata nel gruppo di lavoro chiamato da Cartabia per la riforma del processo civile. Ed è rimasta tra gli esperti che hanno deciso, con Nordio e su pressione della Ue, l’anticipo a marzo della riforma (invece che a luglio) tra le proteste di avvocati e magistrati.

Sul rischio di attrazione fatatali tra il governo e una parte delle toghe l’Anm è sul chi va la. Proprio Sangermano era stato protagonista di un acceso scontro con le correnti di sinistra nella prima riunione del comitato direttivo dopo le elezioni politiche, a ottobre, perché aveva invitato a non fare un’opposizione pregiudiziale al governo. Alla prima prova, i magistrati eletti da Mi nel Csm hanno fatto blocco con i consiglieri laici della destra per eleggere il vicepresidente indicato dalla Lega.

D’altra parte, la prassi di chiamare soprattutto magistrati negli uffici di diretta collaborazione Nordio l’ha solo ereditata. Il ministro ha scelto da Magistratura indipendente il capo di gabinetto, Alberto Rizzo, il nuovo capo del Dap, Giovanni Russo, il nuovo capo del legislativo, Antonio Mura. Mentre è della sinistra di Magistratura democratica Gaetano Campo, nuovo capo dell’organizzazione giudiziaria. La ragione è intuibile, considerate le conoscenze e le esperienze che possono vantare le toghe, eppure è stata sempre oggetto di polemiche feroci da parte della destra. Un esempio? I tanti interventi di una toga in aspettativa nella scorsa legislatura, Giusi Bartolozzi, eletta alla camera con Forza Italia. Per esempio questo contro la riforma Cartabia: «Volete velocizzare i processi? Lasciate i magistrati in magistratura. Invece no, concedete loro di andare nei ministeri, in quelli uffici dove vai perché sei amico della politica o perché sei appartenente alle correnti, altrimenti non ci vai». Adesso è con Nordio, vice capo di gabinetto.