Arturo Scotto, coordinatore di Articolo 1. Dopo l’incontro di Draghi con i sindacati si parla di svolta sociale. Improvvisamente il governp è diventato di sinistra?

Questo è un governo di unità nazionale e di emergenza, non è certo il destino della sinistra. Va detto però che la spinta che è nata dall’iniziativa dei 5 stelle, ma anche dei sindacati e del centrosinistra col ministro del Lavoro Orlando, ha posto al centro l’agenda sociale, e questo può produrre uno spostamento positivo, quanto mai urgente vista l’inflazione e la perdita di potere d’acquisto.

Il premier è parso determinato nel sostegno ai salari, mancano però i numeri.

É partito un confronto coi sindacati, mi auguro che l’intervento sul cuneo fiscale sia concentrato nell’alzare gli stipendi netti e non sugli sgravi ai datori di lavoro che hanno già avuto tanto.

Ritiene questi impegni sufficienti per far rientrare la minaccia di crisi del M5S?

Nella lettera consegnata da Conte a Draghi c’è il segno di una piattaforma progressista. Mi pare ci sia stata una prima risposta positiva, sapendo che le risposte non potranno arrivare tutte subito. Per ora vedo la novità politica, e la considero un’occasione da non sprecare. E spero che i 5 stelle spingano insieme a noi e al Pd perché i risultati arrivino. È chiaro che se si apre una crisi di governo sarà più difficile che le risposte arrivino in tempi rapidi.

Voi e i dem vi siete fatti rubare il sostegno ai più deboli da Conte?

Il tema non è la concorrenza tra noi, o chi arriva primo su un tema, ma portare a casa i risultati. Per noi la priorità è che nel campo progressista sia forte un impianto laburista. E questo vale anche per la riforma dell’Irpef dove eravamo stati noi a porre della questioni, denunciando una insufficiente progressività. Dopo la scissione a freddo che hanno subìto, credo che nei confronti dei 5 stelle serva generosità e comprensione da parte delle altre forze di centrosinistra.

Come voterà il M5S sul decreto Aiuti in Senato?

Aspettavano delle risposte dal governo, a me pare che su lavoro e salari il segnale sia arrivato. Su alcune questioni che loro avanzano io ho idee diverse: dal termovalorizzatore di Roma al bonus 110 % che, a mio avviso, non ha riguardato i quartieri più poveri, e dunque ritengo che quelle risorse possano essere impiegate diversamente.

É d’accordo col Pd che minaccia di rompere l’alleanza se Conte farà cadere il governo?

Le vie della politica sono infinite. Noi parlavamo di intese con i 5 stelle- Bersani nel 2013- quando tutti ci prendevano per pazzi o visionari. Avevamo ragione. Sarebbe un peccato smarrire questa prospettiva. Ma ritengo che sul punto Draghi abbia ragione: non può esistere un governo senza la forza che ha vinto le elezioni. C’è un coro mediatico, alimentato da alcuni gruppi di potere, che li vorrebbe spingere fuori perché li considera un’anomalia da cancellare. Ma se qualcuno mi vuole buttare fuori io resto fino alla fine e provo a combattere.

Anche la destra pare spingere in questa direzione.

Ecco, appunto. In questi giorni tutti osservano quello che fa Conte, mentre la destra resta fuori dai radar. Eppure Berlusconi ha chiesto una verifica di governo, probabilmente con l’obiettivo di andare presto ad elezioni, in modo da sedare la nascita di un polo di centro. La Lega prefigura altri strappi a settembre a Pontida. Mi chiedo: chi è che sta producendo instabilità?

Che ne sarà di Articolo 1? Tornerete nel Pd come vi chiede Franceschini?

Ringrazio il ministro, ma il tema non è un giro di tavolo tra gruppi dirigenti. Serve mettere in campo insieme una proposta nuova con una piattaforma laburista.

Pensate di spostare a sinistra il Pd?

La crisi dei 5 stelle non sta spostando un voto a favore del centrosinistra. Significa che servono proposte in grado di penetrare nelle periferie, occorre combattere un corpo a corpo con le destre nei luoghi della rassegnazione e della rabbia, senza pensare di appaltare ad altri questo lavoro.

La lista che farete coi dem alle politiche guarderà più a Macron o a Mélenchon?

Da Mélenchon bisogna prendere la spinta unitaria che ha rimotivato gli elettori di sinistra. E un programma sociale netto che risponda alla crisi del welfare: ci sono beni comuni che non possono più essere abbandonati alle logiche di mercato.