Nell’ultimo quadro del Mistero buffo di Majakovskij, composto a caldo nel 1918 (e subito messo in scena da Mejerchol’d, con le scenografie di Malevich) per celebrare il primo anniversario della rivoluzione d’Ottobre, gli «impuri», cioè i proletari, approdano dopo un diluvio universale alla terra promessa della società comunista. Davanti a loro si para una città ultramoderna, con palazzi e fabbriche di vetro, trasporti più veloci del vento, vetrine colme di merci esentate da moleste etichette con il prezzo. Qui, nella solare Comune, nell’Eden dei beni comuni, il lavoratore potrà finalmente godere i frutti della propria fatica; qui la felicità, non...