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Dai fratelli Strugackij, il segreto dei nati dai morti

Dai fratelli Strugackij,  il segreto dei nati dai mortiEvgenij Dybskij, «Nostalgia», 1989

Scrittori russi «Lo scarabeo nel formicaio», da Carbonio

Pubblicato 6 mesi faEdizione del 5 maggio 2024

Magnifica vicenda di pianeti remoti e controllo dittatoriale, che ruota intorno al personaggio di Maksim Kammerer, agente del controspionaggio che compare in numerose opere del ciclo «Il mondo di mezzogiorno», dedicato all’esplorazione di visioni del futuro, Lo scarabeo nel formicaio (traduzione vivace e postfazione di Claudia Scandura, pp. 256, € 18,50) è la più recente opera dei fratelli Strugackij ritradotta da Carbonio.

Un ordine improvviso di Sua Eccellenza, dispotico capo, mette il protagonista di fronte a un compito assai complicato. Deve trovare con la massima segretezza Lev Abalkin, un «progressore», cioè una persona che operava nel campo della facilitazione delle comunicazioni tra razze diverse, il quale aveva fatto perdere le proprie tracce. Esperto di psicologia animale, era riuscito a compiere studi importanti sui «testoni», ossia esemplari di canidi dotati di ragione.

Mirabile è la caratterizzazione di Šchekn, intelligentissimo esemplare, legato al protagonista in una relazione complessa. Il romanzo, che venne edito nel 1979, dopo varie traversie, ha l’andamento di una indagine classica, in cui il protagonista intervista, con scuse e sotterfugi, il maestro della persona ricercata, assai poco interessato al destino del suo allievo.

Il segreto di cui tutti cercano la soluzione è nella nascita di Abalkin, che fa parte di un gruppo di bambini nati da persone morte (o dislocate nel tempo), persone che hanno deciso di affrontare la dimensione di un buco nero, da cui non c’è ritorno. Tanto il ricercato quanto i suoi fratelli sono dotati di conoscenze invise al potere, che cerca in tutti i modi di ostacolarli.

In tutti i racconti torna una filastrocca infantile che viene ripetuta ossessivamente: si trova all’inizio e alla fine del libro e recita così: «Le bestie insorte/ erano alle porte/ e loro spararono/ e quelle spirarono». Come ricostruisce la postfazione di Boris Strugackij, in quel frammento di un’epopea, censurata da un redattore veterocomunista, che credeva il testo provenisse da un inno della Hitlerjugend, sta il senso di questa ricerca nell’oscurità, destinata a rivelare una serie di tremendi segreti sulle manipolazioni delle razze, le loro trasformazioni attuate con la violenza e la contiguità improbabile tra uomo e animale.

È una rappresentazione del futuro, questa, sia pure prioiettata in una era di gadget e altre diavolerie, che non esclude qualche contiguità con la situazione sovietica degli anni Settanta, l’epoca segnata da Arcipelago Gulag e dalla stagione della dissidenza. Sua Eccellenza, il capo del controspionaggio, vuole ovviamente eliminare quel «progressore» che sa troppo e che porta su di sé, fin dalla nascita, un segno in grado di mettere in discussione le dinamiche del potere. Una nota tragica conclude la storia, mentre intorno la realtà prende un aspetto sempre più minaccioso e imprevedibile.

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