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Da studiosa dell’Iran a ostaggio della guerra all’Iran

Da studiosa  dell’Iran a ostaggio della guerra all’IranLa studiosa franco-iraniana Fariba Adelkhah

Fariba Adelkhah L'arresto misterioso ma non troppo dell'’antropologa naturalizzata francese, che rischia di essere utilizzata come «moneta di scambio con l’Occidente». Cresce l'ansia anche per la ricercatrice anglo-iraniana Nazanin Zaghari, trasferita dalla cella a un ospedale psichiatrico

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 18 luglio 2019

«L’antropologa Fariba Adelkhah non criticava la Repubblica islamica e non si occupava di violazioni dei diritti umani, ma è stata comunque arrestata perché ai pasdaran serve come moneta di scambio con Parigi e con quell’Occidente che tiene l’Iran sotto pressione». Un noto studioso iraniano commenta così, chiedendo l’anonimato, l’arresto della collega naturalizzata francese.

DIRETTRICE DI RICERCA presso il Ceri-SciencesPo di Parigi, Fariba è stata arrestata in Iran attorno al 5 giugno. I suoi colleghi si sono accorti della sua scomparsa solo il 25 giugno, quando le hanno mandato una mail ricevendo una risposta che li ha insospettiti. Autrice di numerosi volumi sulla società iraniana e sulla questione femminile, era andata a studiare in Francia nel 1977, ed era restata a Parigi. In occasione di uno dei tanti viaggi a Teheran le era stato ritirato il passaporto, nel 2009 aveva scritto una lettera aperta al presidente conservatore Mahmoud Ahmadinejad dicendo di voler smettere di occuparsi di Iran perché dopo l’arresto della dottoranda francese Clotilde Reiss la situazione era diventata troppo pericolosa per i ricercatori indipendenti. Per le tante difficoltà aveva spostato l’attenzione altrove, andando a lavorare sulla società afgana.

Con l’insediamento del moderato Hassan Rohani alla presidenza, Fariba aveva ripreso a interessarsi delle istituzioni clericali sciite e si era stabilita nella città di Qum, sede di seminari religiosi e mausolei.

L’arresto dell’antropologa non è purtroppo un caso isolato. La ricercatrice 40enne Nazanin Zaghari-Ratcliffe, dipendente della Fondazione Thomson Reuters (il ramo umanitario dell’agenzia di stampa anglo-canadese Reuters) era stata arrestata nell’aprile 2016 mentre era a Teheran con la propria bimba di 22 mesi, in visita ai nonni. Accusata di sedizione, e quindi di aver cercato di rovesciare il regime, era stata condannata a cinque anni di prigione.

DOPO LO SCIOPERO DELLA FAME del mese scorso e il deterioramento delle sue condizioni di salute, da lunedì Nazanin ha lasciato il carcere di Evin ed è ricoverata nell’ospedale psichiatrico Imam Khomeini sotto la sorveglianza dei pasdaran che le impediscono di comunicare con la famiglia. E finora, pur essendo iraniana naturalizzata britannica, non ha potuto incontrare i rappresentanti della diplomazia di Londra perché le autorità della Repubblica islamica non riconoscono la doppia nazionalità: se sei nata da padre iraniano, puoi entrare nel paese soltanto con il passaporto iraniano e sei considerata a tutti gli effetti cittadina della sola Repubblica islamica.

ANCHE FARIBA (60 ANNI), come Nazanin e tanti altri, è una pedina in un gioco su due livelli. A livello internazionale ci sono i vertici di Teheran che vogliono fare pressione all’Occidente: nel caso di Nazanin su Londra che vende armi ai sauditi, e nel caso di Fariba sul presidente Macron che dovrebbe mediare tra Teheran e Washington. Così facendo, i vertici della Repubblica islamica non riescono però a capire che arrestare i ricercatori con doppia nazionalità è controproducente per l’immagine. In politica interna, ci sono i falchi di Teheran che con questi arresti mettono in difficoltà il governo moderato di Rohani e del ministro degli Esteri Zarif che giocano il tutto per tutto per tenere in piedi l’accordo nucleare.

DI CERTO, A CONTRIBUIRE a questi arresti che hanno ripercussioni nei rapporti con l’Europa c’è l’ultraconservatore Raisi, a capo della magistratura: un uomo che ha tutto l’interesse a mettere i bastoni tra le ruote al presidente Rohani, sfidato invano nelle elezioni del 2017.

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