Da dove ricominciare a sinistra
Roma, il caso Garbatella Nel disastro generale della sinistra moderata e radicale in Italia spiccano rare eccezioni di controtendenza. Ci si aspetterebbe allora che fossero oggetto privilegiato di attenta analisi per acquisire e mettere […]
Roma, il caso Garbatella Nel disastro generale della sinistra moderata e radicale in Italia spiccano rare eccezioni di controtendenza. Ci si aspetterebbe allora che fossero oggetto privilegiato di attenta analisi per acquisire e mettere […]
Nel disastro generale della sinistra moderata e radicale in Italia spiccano rare eccezioni di controtendenza. Ci si aspetterebbe allora che fossero oggetto privilegiato di attenta analisi per acquisire e mettere a valore quegli elementi vitali di reattività. Ma non è così.
La resa è anche culturale ed impoverisce l’attitudine alla riflessione critica alimentando una confusione di sentimenti in quello che un tempo era stato “il popolo della sinistra”. Può persino capitare che a cogliere meglio di tutti le potenzialità emulative di Amedeo Ciaccheri, neo sindaco della Garbatella, sia uno come Giuliano Ferrara che di sinistra proprio non è, il quale con una provocazione positiva che va immediatamente raccolta lo candida a sindaco futuro di Roma, una sorta di anti Raggi. Dov’è la chiave di quel successo in tempi drammatici come questi? Perché nella sinistra tradizionale e classica se ne parla poco? Perché l’esperienza della Garbatella è anomala, atipica, quasi eretica.
Sono radicali nelle vertenze e nei valori, concreti e determinati nelle esperienze di governo. Sono inclusivi socialmente, culturalmente e politicamente. Nel territorio che rappresentano sono radicati in ogni piega della società ed ingaggiano “il corpo a corpo” anche con le tendenze più lontane e nelle condizioni più spurie. Praticano mutualismo e socialità. Sono urticanti per la sinistra dalla cui tradizione peraltro provengo perché sono l’immagine plastica di quello che tutti insieme potevamo essere se avessimo conservato lo spirito delle origini ed il coraggio dell’innovazione. Loro non rottamano, ma rinnovano radicalmente. Loro “curano” un popolo che esiste e che in Italia si è dissolto. E quando devono scegliersi per incarichi istituzionali lo fanno senza acrimonia ed invidie.
Compagni tra compagni. È la comunità la chiave di un successo che perdura. È la comunità che contrasta gli individualismi sfrenati ed il narcisismo ossessivo. Al rapporto verticale, utoreferenziale ed emulativo con il capo che impedisce ogni relazione con l’altro ci si cimenta quotidianamente in una trama di relazioni orizzontali fatte di socialità e di solidarietà. E la politica per questa via ritrova la dimensione umana, quel flusso caldo che non ti fa sentire solo e ritrova un senso alla dignità del vivere. Senso che cinicamente nel nostro paese si è del tutto smarrito nel plauso ripetuto ad ogni intervento del ministro dell’interno Salvini contro i migranti. Se la società si è dissolta ed esiste solo una folla di individui che ha trasformato il bisogno di giustizia sociale in invidia rancorosa, non ci sono scorciatoie politiciste che tengano.
È dalla paziente ricostruzione del legame sociale che dobbiamo attingere per riavviare il cammino. È questa anche la decisiva priorità di una azione di governo sia esso locale che nazionale. Proteggere e cercare di far crescere esperienze come quella della Garbatella. Con questa convinzione ho trovato veramente insopportabili tutte le strampalate teorie che anche a sinistra hanno avuto un qualche riscontro come quella per cui la elezione di Trump ha significato una positiva rottura del pensiero unico della globalizzazione o quella per cui il ritrovato “sovranismo” del nuovo governo italiano ci riconsegna le certezze del vecchio welfare. Gli effetti sociali di questo snobistico strabismo intellettuale si accaniscono oggi contro gli ultimi e le classi sociali meno abbienti. In questo senso l’esperienza di governo del Lazio con la giunta Zingaretti ha permesso di tenere unito e di avviare la rifondazione di un campo democratico con realtà dell’associazionismo (che a Latina hanno conquistato l’amministrazione strappandolo ad una destra corrotta e reazionaria), del cattolicesimo democratico impegnato in forme straordinarie di solidarietà come la comunità di Sant’Egidio, di partiti e movimenti della sinistra rompendo schemi di autosufficienza ed impermeabilità sociale.
Non c’è più tempo. Dobbiamo correre. Avremmo bisogno di una rifondazione teorica, di un nuovo programma generale, di un rinnovamento radicale, di rifondare un popolo. Da qualche parte bisogna cominciare. Io scelgo di ricominciare dal sorriso disarmante e buono del sindaco della Garbatella. Da Amedeo, il mio sindaco per Roma.
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