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Cuba «battagliera» resiste anche al Covid

Cuba «battagliera» resiste anche al CovidMi casa es mi plaza, i balconi di Cuba il primo maggio – Ap

Cuba Nonostante le difficoltà imposte dall'embargo Usa L'Avana ha contrastato efficacemente l'epidemia

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 6 maggio 2020

Tutti a casa il primo maggio a Cuba, nonostante una lunga tradizione di manifestazioni gigantesche nelle piazze per celebrare il socialismo cubano. Mi casa es mi plaza, è stata la parola d’ordine: così, in tempo di coronavirus e di isolamento, ogni casa si è trasformata in luogo di celebrazione.

Venerdì scorso alle otto di mattina da balconi e finestre, addobbati con bandiere cubane di varia dimensione, si è cantato l’inno nazionale seguito poi da applausi per medici, personale sanitario e lavoratori impegnati in compiti strategici per il mantenimento della vita nell’isola. Televisione e reti sociali hanno fatto da collegamento a un nuovo tipo di manifestazione di massa estesa a tutta Cuba.

Si è dimostrata efficace l’azione decisa dal governo per contenere l’espansione del virus, impostata come una battaglia nella quale sono stati impiegati migliaia fra medici, personale sanitario e di supporto e di studenti di medicina e di odontoiatria.

Questi ultimi hanno formato brigate che hanno percorso tutta l’isola con ogni mezzo, compresi cavalli e muli, per raggiungere anche i posti più sperduti per controllare lo stato di salute della gente, alla quale era stato chiesto di rimanere in isolamento nelle proprie case.

Oltre a una serie di ospedali nelle maggiori città, anche centri di salute, presidi universitari e centri educativi (ogni villaggio nell’isola ha una scuola) sono stati trasformati in una sorta di ospedali da campo riservati ai casi sospetti. In media sono stati presi più di ottocento tamponi al giorno, esaminati in tre laboratori specializzati all’Avana, Santiago e Villa Clara (nel centro dell’isola).
In ogni quartiere delle città viene condotta un’indagine a tappeto, casa per casa, sullo stato di salute degli abitanti.

Nei quartieri più colpiti e per gli anziani il personale sanitario consiglia (non si impone) l’applicazione di una medicina omeopatica il Prevengo-Vir che rafforza la risposta del sistema immunitario. Come cura per i contagiati vengono adoperati anche prodotti brevettati dai laboratori cubani come l’antiretrovirale Kaletra e l’Interferon Alfa 2B – usato e prodotto anche in Cina, il vaccino CIGB2020 – che ha lo scopo di aumentare la risposta immunitaria nelle persone nella prima fase dell’infezione, come pure la validità del vaccino cubano contro la meningite Va-Mengoc Bc, sempre per rafforzare il sistema immunitario. In alcuni ospedali viene sperimentato l’uso di plasma del sangue di persone guarite. Tutta l’assistenza medica è gratuita.

Ogni giorno in televisione il responsabile della Salute pubblica, dottor Durán riferisce sulla situazione. Domenica vi era un accumulato di 1649 contagiati dal 23 marzo, quando si registrò a Cuba il primo caso (importato) di Covirus-19.

Di questi 827 erano stati già dimessi, mentre 67 erano le morti causate dal virus. Secondo i matematici dell’Università dell’Avana -come Carlos Sebranco- che sono impegnati a sviluppare modelli matematici sul comportamento del coronavirus la campagna di contenimento ha funzionato: i dati del numero di ricoverati al giorno si mostrano conformi alla curva più favorevole, che prevede nel suo picco un massimo di 1000 ricoverati.

Secondo questa tesi, Sebranco sostiene che «è stato raggiunto il picco» del contagio «in anticipo almeno di una settimana rispetto alle previsioni basate sui dati internazionali» che lo prevedevano a metà maggio.

Se questa ipotesi sarà confermata e «se continuerà a funzionare la politica di contenimento» si può sperare che il fattore di diffusione del virus sarà ridotto a meno di uno o a zero verso la metà di giugno.

È questa un’ipotesi che molti si augurano veritiera. Cuba è stata colpita dalla pandemia in una fase di crisi economica resa più acuta e pericolosa dall’inasprirsi delle misure dell’embargo Usa decise con feroce accanimento dall’amministrazione Trump. Come conseguenza vi era scarsezza sia di combustibile che di generi di prima necessità. Col paese bloccato – aeroporti chiusi, come pure alberghi, bar e ristoranti; trasporto pubblico bloccato, produzione ridotta al minimo- la scarsezza di generi alimentari e per la pulizia corporale e della casa è arrivata a livelli molto pericolosi.

La gran parte dei cittadini è costretta ogni giorno a lunghe, stressanti e pericolose code dove spesso interviene la polizia o l’esercito per far rispettare un minimo di distanza di sicurezza. Sotto un sole già feroce le code possono durare ore con l’amara sorpresa poi di dover constatare che il prodotto è esaurito.

Il 70% dei lavoratori appartiene al settore statale: le imprese o gli uffici chiusi continuano a pagare gli stipendi ai lavoratori. Ma il salario medio è basso, poco più di trenta dollari, e costringe le famiglie a comprare prodotti giorno per giorno. Peggio stanno i lavoratori nel settore privato – cuentapropistas, circa 500.000 persone- che praticamente non hanno fonte di reddito.

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