Una decisione nel segno della «solidarietà» di fronte alla crisi energetica, anche per calmare tensioni e polemiche, prima che la Commissione faccia proposte più significative in vista del Consiglio europeo del 20-21 ottobre. Ieri al Consiglio europeo informale, che ha fatto seguito a Praga alla prima riunione della Commissione Politica europea, che raggruppa 44 paesi di tutto il vecchio continente (escluse solo Russia e Bielorussia), i 27 si sono messi d’accordo per attivare il meccanismo, che già esiste dal luglio 2020, di RePowerEu, per garantire dei prestiti (non sovvenzioni) ai paesi membri che non possono permettersi di agire (come invece la Germania), grazie alla firma Ue, con notazione AAA.

«Si evita di raddoppiare la crisi energetica con una crisi di budget», ha spiegato Emmanuel Macron, si «levano malintesi sulla solidarietà» nella Ue. «Sull’energia le cose si stanno muovendo» ha confermato Mario Draghi, dopo le forti critiche italiane e polacche contro la Commissione, sospettata di fare gli interessi di Berlino.

Sul tetto al prezzo del gas, alla Commissione è affidato il compito di trovare il comun denominatore tra i diversi interessi, per arrivare a una proposta che verrà sottoposta al Consiglio europeo del 20-21 ottobre: ci sarà un «bouquet di soluzioni», ha spiegato Macron, che vanno dagli acquisti comuni ai negoziati con i fornitori, con l’ipotesi di applicare il «meccanismo iberico», cioè un tetto al prezzo del gas utilizzato per produrre elettricità, che ha il favore della Commissione.

Per la presidente Ursula von der Leyen, ieri a Praga è stato fatto «un passo importante». L’ospite ceco, il primo ministro Petr Fiala, ha ammesso che «non ci sarà una decisione oggi», ma è «nell’interesse di tutti andare verso una soluzione paneuropea e non nazionale».

Ogni paese considera le proposte di Bruxelles sulla base del proprio mix energetico, che è diverso da paese a paese. La Germania, che è stata criticata per il finanziamento nazionale di 200 miliardi in sostegno di imprese e famiglie, vuole giocare la carta del G7, di cui ha la presidenza: Berlino propone di negoziare assieme a Giappone e Corea, in un G7+ (c’è anche la Norvegia, diventata il primo fornitore della Ue), per ottenere prezzi migliori e stabili, ed evitare il rischio penuria, con i fornitori che sfuggono la Ue per vendere meglio altrove (questo timore è fortemente condiviso da Olanda e Danimarca).

Il primo ministro austriaco, Karl Nehammer, arriva anche a dire che un eventuale price cap «non sia un embargo verso la Russia». Italia, Polonia, Belgio e Grecia hanno insistito per un «prezzo fluttuante» del gas, legato al prezzo del petrolio e ai prezzi sui mercati asiatici e americani, con una «forchetta» di più o meno 5%. Un «corridoio dinamico», dice l’Italia, e il commissario Paolo Gentiloni spiega che, al contrario, «un price cap bloccato può avere controindicazioni perché è chiaro che l’atteggiamento verso la Russia non può essere lo stesso che verso la Norvegia e l’Algeria».

La commissaria Kadri Simson va in Algeria, per trattare, con la Norvegia è in corso un dialogo, anche se il primo ministro, Jonas Gahr Store giorni fa si è detto «scettico». La presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, privilegia la strada degli acquisti comuni, c’è una piattaforma della Commissione dal 7 aprile scorso, che non è mai diventata operativa (perché tutti si sono precipitati a riempire gli stock, ha spiegato Macron): «Dobbiamo imparare dalla pandemia, negoziare come blocco», come è stato fatto per i vaccini, e «fermare la speculazione».