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Crisi ambientale, a Bologna assemblea aperta: «L’unica grande opera è la cura»

Crisi ambientale, a Bologna assemblea aperta: «L’unica grande opera è la cura»L’assemblea in piazza Maggiore a Bologna – Giuditta Pellegrini

Catena di solidarietà autorganizzata che nell’ultima settimana ha portato l’aiuto di centinaia di persone volontarie sulle terre devastate, le realtà promotrici, come Bologna For Climate Justice, la Colonna Solidale Autogestita e la Piattaforma di intervento sociale Plat

Pubblicato più di un anno faEdizione del 28 maggio 2023

«Non è un perimetro organizzativo ma uno spazio di convergenza, di insorgenza, di costruzione di un immaginario collettivo e di classe dirigente dal basso» avevano scritto le realtà organizzatrici dell’assemblea convocata per ieri a Bologna in piazza Maggiore per costruire un percorso critico e di mobilitazione nel contesto seguito dall’alluvione. E così è stato.

Partendo dalla catena di solidarietà autorganizzata che nell’ultima settimana ha portato l’aiuto di centinaia di persone volontarie sulle terre devastate, le realtà promotrici, come Bologna For Climate Justice, che riunisce i movimenti ecologisti del capoluogo emiliano, la Colonna Solidale Autogestita e la Piattaforma di intervento sociale Plat, composta dalle diverse realtà sociali e politiche della città e che sta coordinando dal 17 maggio gli spostamenti dei gruppi di volontari e di aiuti verso i territori alluvionati, ha subito ricevuto l’adesione pressoché totale delle tantissime sigle che coltivano percorsi critici nel nostro Paese. Per ribadire che «alla solidarietà si affianca la rabbia di sapere da anni che la crisi climatica avrebbe prodotto questo tipo di eventi estremi e che un territorio cementificato ne avrebbe moltiplicato gli effetti dannosi, eppure si è continuato ad agire come se non fosse così», afferma Marco di Bologna for Climate Justice.

«L’unico modo per cambiare realmente le cose è agire dal basso» hanno ricordato due operai della Ex Gkn, che ha lanciato la sfida della convergenza e ribadito la distanza delle istituzioni alle reali soluzioni della crisi ambientale e sociale in atto. «Da noi la presenza delle stato si è vista anche troppo» afferma Guido arrivato dalla Valsusa, alludendo alla forte repressione che da tempo si ripercuote sul movimento No Tav.

«In questi giorni ho sentito molte parole belle dal mondo della politica verso i volontari, ma non ho sentito nessuno chiederci scusa e dirci che avevamo ragione nel mettere in guardia su come i territori siano stati massacrati». A prendere il microfono è un ragazzo di Bologna Solidarietà Attiva, appena arrivato da Faenza con la tuta completamente infangata.
«Non riusciamo a liberarci dalla sensazione di dover agire in qualsiasi modo per proteggere il nostro futuro dal ripresentarsi di simili eventi». Gli fa eco con veemenza un attivista di Extinction Rebellion. «Le istituzioni si occuperanno a malapena dell’emergenza e quando avranno ricostruito la loro illusione di normalità, ricominceranno a vendercela nella speranza che per allora ci saremo dimenticati della sofferenza che abbiamo visto e delle storie che abbiamo ascoltato, ma soprattutto che la rabbia che ci ha portato in questa piazza si sia sopita, ma non sarà così» grida, rilanciando l’opposizione a una delle grandi opere in questo momento più criticate a Bologna, l’allargamento del tratto di tangenziale e autostrada a 18 corsie denominato passante di mezzo. I lavori, già iniziati, hanno provocato nei giorni dell’alluvione il cedimento di una parte del tratto stradale del Parco del Paleotto, dove l’abbattimento di 1.200 alberi ha agevolato martedì scorso l’esondazione del torrente Savena.

Ma, come ha ricordato l’Associazione Per la Sovranità alimentare Campi Aperti, «l’unica grande opera ora è la cura che dobbiamo avere verso il territorio». Per ribadirlo, molti sono stati gli appuntamenti lanciati, ma quello principale a cui hanno aderito tutte le realtà presenti, è la grande manifestazione che si terrà a un mese dall’alluvione, il 17 giugno, sempre a Bologna, per dire no alla cementificazione, per una ricostruzione che non sia più incentrata sull’emergenza, ma sulle esigenze reali del territorio e di un futuro possibile.

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