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Covid in Valseriana, prosciolti Fontana e il Cts

Covid in Valseriana, prosciolti Fontana e il Cts

Salute Zona rossa marzo 2020, protestano i familiari delle vittime

Pubblicato più di un anno faEdizione del 26 luglio 2023

Il tribunale di Brescia archivia le accuse più gravi contro il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana, l’ex-assessore regionale al welfare Giulio Gallera, il dg regionale della sanità Luigi Cajazzo e il Comitato Tecnico Scientifico riguardo alla gestione della pandemia in Valseriana tra febbraio e marzo 2020. Gallera, Cajazzo, l’ex-capo della protezione civile Angelo Borrelli, il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e l’ex-dg della prevenzione Claudio D’Amario dovranno tuttavia rispondere per la mancata applicazione del piano pandemico nazionale.

Lo ha stabilito il collegio del tribunale di Brescia presieduto da Mariarosa Clara Pipponzi che aveva già archiviato la posizione di Giuseppe Conte e Roberto Speranza. «Sconcertati» i familiari delle vittime: «Nessuno – denuncia il loro comitato – dovrà rispondere del perché non sia stata fatta la zona rossa in Bergamasca e del perché non si siano prese tutte le altre misure di prevenzione previste dalle leggi italiani ed europee». La loro legale Consuelo Locati preannuncia un ricorso.

Le accuse per la mancata istituzione della zona rossa non hanno retto l’esame dei giudici. L’ipotesi di reato punibile con l’ergastolo di «epidemia colposa» è caduta in quanto «la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogeni» secondo passate interpretazioni della Cassazione. In altre parole, la condanna richiede un intervento attivo e non una mera omissione come contestato dal pm.

Scagionati anche gli esperti e i dirigenti del ministro della salute e della protezione civile che hanno fatto parte del Comitato Tecnico Scientifico, che secondo l’accusa avrebbero potuto chiedere l’attivazione della zona rossa già alla fine di febbraio. Le regole d’ingaggio del Cts, valutano invece i giudici bresciani, «attribuiscono a tale organo esclusivamente compiti di natura consultiva, peraltro eventuale, ossia su richiesta, e non necessaria». Da parte loro, dunque, non correva alcun obbligo di proporre misure al di fuori dei quesiti rivolti dal governo.
Non ne risponderanno nemmeno Fontana, Gallera e Cajazzo in quanto, con un virus già diffuso in più Regioni, la dichiarazione della zona rossa toccava al governo. Spettava invece alle aziende sanitarie locali il compito di assicurare le scorte di dispositivi di protezione e la formazione degli operatori sanitari.

Nel complesso, i giudici non hanno riconosciuto un nesso di causa tra l’operato di tecnici e amministratori e i decessi delle 57 vittime dai cui familiari sono giunte le denunce. Era stato l’epidemiologo Andrea Crisanti a ipotizzare che la mancata zona rossa avesse causato oltre 4 mila vittime, ma che quelle oggetto del processo ne facessero parte è da considerare «una mera ipotesi teorica sfornita del ben che (sic) minimo riscontro». «La perizia non contiene nessuna base scientifica per provare l’ipotesi di reato di omicidio colposo», conferma lo stesso Crisanti, «semplicemente perché queste evidenze non mi sono mai state chieste».

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