Cotture e cultura, la ricetta di Multi
A Roma, da oggi a domenica Il festival è un sunto delle attività di un anno all’Esquilino, che è un laboratorio di convivenza unico
A Roma, da oggi a domenica Il festival è un sunto delle attività di un anno all’Esquilino, che è un laboratorio di convivenza unico
Nicola Lagioia dice che l’idea di inventarsi qualcosa che tenesse insieme le diversità culinarie e culturali di quell’area di Roma che va da piazza Vittorio a Torpignattara gli è venuta qualche anno fa chiacchierando con un giornale di quartiere che si chiama Il cielo sopra Esquilino. Sostenne che il quartiere che si trova sull’omonimo colle, tra la stazione Termini, la basilica di Santa Maria Maggiore e piazza Vittorio che ne è il centro con i suoi giardini, avrebbe «i numeri per diventare il nostro Greenwich Village» e accorciare le distanze culturali con città come Barcellona, Berlino o l’inarrivabile Parigi. Questo perché è abitato allo stesso tempo da migranti provenienti da tutto il mondo e da centinaia di artisti, attori e registi cinematografici, musicisti e scrittori, o comunque personaggi che lavorano nel mondo della cultura.
NEL QUARTIERE È NATA l’Orchestra multietnica di piazza Vittorio, lo scrittore algerino Amara Lakhous ha pubblicato il romanzo Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio (edizioni e/o) e lo stesso Lagioia ha scritto un «libro-ricognizione» intitolato appunto Esquilino e pubblicato dalle Edizioni dell’Asino di Goffredo Fofi, che a loro volta hanno la sede in un palazzo di epoca umbertina a pochi metri da piazza Vittorio. Nello stesso palazzo hanno abitato i registi Matteo Garrone e Paolo Sorrentino, e sotto i portici di piazza Vittorio non è raro incontrare il regista italoamericano Abel Ferrara e l’attore Usa Willem Defoe. «Pensavo che, per quanti attori, registi e scrittori ci vivono, si poteva immaginare un festival internazionale a chilometro zero», spiega oggi. L’auspicio di Lagioia era che attorno a quell’idea si formasse «una comunità» e che questa diventasse «un laboratorio culturale attivo tutto l’anno».
POCHI ANNI DOPO, ARCHIVIATE le chiusure della pandemia, quel progetto si è concretizzata in Multi, un festival in cui «il cibo e le arti si danno appuntamento per quattro giorni di festa nella piazza più grande di Roma», come si legge sul suo sito. È accaduto che, quando Lagioia ha concluso la sua direzione al Salone del libro di Torino e si è ristabilito a Roma – «una città che però non ho mai lasciato anche negli anni torinesi», precisa – «mi sono visto con Francesca Rocchi di Slow Food e ci siamo detti: perché non mettiamo insieme la cucina di tutte le comunità presenti in questo quartiere e alcune iniziative culturali?» Rocchi, che è vicepresidente di Slow Food a Roma, racconta che grazie all’impegno dell’associazione a Multi ci saranno sessanta cucine diverse, da quella cinese alla congolese, dalla palestinese a quella della Sierra Leone. Sul sito della manifestazione, oltre al programma degli incontri – tre dei quali sono organizzati dal manifesto, che è media partner – si possono leggere anche i menu.
IL RIONE ESQUILINO È STATO IL PRIMO quartiere del centro di Roma a essere abitato da migranti e artisti, un po’ come la Belleville parigina di Daniel Pennac. Dagli anni Novanta, vi sono insediati prima i cinesi, che vi hanno aperto molti negozi, poi africani ed egiziani, bangladeshi e srilankesi, e decine di altre comunità da tutto il mondo. Al mercato si trovano prodotti provenienti da tutto il mondo e ci si può riposare nel giardino che ha al centro una statua di Confucio. Qualche anno fa, l’Istat ha elogiato la «mixité sociale» dell’Esquilino, contrapponendola ai «processi estremi di segregazione residenziale» e di «gentrificazione» di altre città come Milano e Napoli.
NEI GIORNI DI MULTI (che si svolge da oggi a domenica nei giardini di piazza Vittoria), la ricchezza e la varietà delle cucine dell’Esquilino verrà messa a disposizione di chiunque voglia assaggiarle. Allo stesso tempo, ci saranno iniziative culturali di vario genere, con ospiti come il regista Matteo Garrone, che nel quartiere ha girato molte scene dei suoi film, e Goffredo Fofi, che parlerà del senso del lavoro culturale collettivo e di riviste che avevano sede all’Esquilino come Lo straniero e Gli asini. Paola Caridi, che ha appena pubblicato Il gelso di Gerusalemme, e Nicola Lagioia, parleranno degli alberi del Medio Oriente, mentre Adriano Sofri e lo storico Andrea Graziosi parleranno dell’Europa alla luce delle guerre degli ultimi trent’anni, dai Balcani all’Ucraina. «Il festival mi sembra il succo di ciò che succede durante tutto l’anno all’Esquilino, che è un laboratorio di convivenza», dice Lagioia.
LO SCRITTORE BARESE È CONVINTO che, pur con tutti i conflitti e le difficoltà che ci sono, l’Esquilino sia un laboratorio di convivenza pacifica. «A Roma la vita quotidiana è molto difficile perché la città è molto incasinata, ma mi sento di dire che, a differenza di altre capitali europee come Bruxelles o Parigi, qui tutte le comunità vivono pacificamente e c’è una convivialità molto più estesa». Secondo gli ultimi dati ufficiali, che risalgono al 2019, nel solo quartiere attorno alla umbertina piazza Vittorio vivono quasi 35 mila persone. Di questi, il 27 per cento sono stranieri. Nella vicina Torpignattara, su quasi 50 mila abitanti, i migranti sono il 22 per cento. La dimensione multietnica del quartiere non poteva che essere rappresentata dalle decine di culture culinarie delle comunità migranti che vi risiedono.
«PER UNA FORTUNATA COINCIDENZA», dice Lagioia, la prima edizione del festival si è svolta nei nuovi giardini di piazza Vittorio, appena risistemati dall’architetta Valentina Cocco e inaugurati con le comunità del quartiere. Alla prima edizione sono state stimate 11 mila presenze. Quest’anno ne sono attese ancora di più.
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