«Dicono che sono moribondo, non è così». Alfredo Cospito vuole che lo si scriva chiaramente, malgrado ancora non abbia alcuna intenzione di interrompere lo sciopero della fame iniziato il 30 ottobre scorso. Il suo obiettivo, dice, è l’abolizione del 41 bis: «Non è una battaglia per la mia liberazione ma contro il regime del carcere duro», che visto dall’interno dimostra tutta la sua spietatezza. «Un sistema inaccettabile».

A riferirlo è il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma e la sua vice Daniela De Robert che ieri sono andati a fargli visita nel carcere “Bancali” di Sassari dove l’anarchico è detenuto al 41 bis da circa otto mesi. Regime di carcere duro che gli fu inflitto dall’allora Guardasigilli Marta Cartabia perché l’anarchico è stato ritenuto ancora in contatto con le organizzazioni anarco-insurrezionalistiche, e in particolare la Fai-Fri in nome della quale nel 2006 partecipò agli attentati dinamitardi alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano (senza morti né feriti, ma per il quale è stato condannato all’ergastolo) e nel 2012 a Genova gambizzò Roberto Adinolfi, Ad di Ansaldo nucleare, reato per il quale dal 2014 sta scontando la pena di 10 anni e 8 mesi.

Il colloquio vis-à-vis con Palma e De Robert – che sono rimasti nella casa circondariale per quasi tutto il giorno, intrattenendosi anche con i medici, gli agenti e con gli operatori – è durato più di un’ora: «Si è alzato dal letto e ci ha raggiunto, certo ha il corpo provato, è stressato, ma sa gestirsi, è a suo modo lucido – riferisce al manifesto Daniela De Robert -. Pesa 81 chili, ne pesava 116 quando ha iniziato lo sciopero della fame, assume molti liquidi ma da qualche giorno ha sospeso gli integratori che prendeva. Però ci ha spiegato che quando non si sente bene assume zuccheri o miele. È monitorato costantemente da una équipe medica e ha anche il suo medico personale».

Mauro Palma gli ha chiesto di ricominciare a mangiare, perché «per lottare bisogna essere vivi», ma Cospito al momento non vuole saperne. «Questa situazione deve fare un passo avanti, Cospito deve capire che questa battaglia deve portarla avanti con altri mezzi, soprattutto con metodi che non siano dannosi per la sua salute – aggiunge Palma – La sua volontà di proseguire con lo sciopero della fame fino alle estreme conseguenze è ampiamente preoccupante. Al momento ha perso molti chili e questo potrebbe comportargli dei problemi più avanti».

Sì, perché Cospito, come spiega il suo avvocato Flavio Rossi Albertini, «è un animale politico, e un rivoluzionario, dunque è assolutamente determinato a proseguire lo sciopero della fame e ha intrapreso un’iniziativa rispetto alla quale non ci sono spazi di mediazione. È ormai evidente che, visto anche il pronunciamento del Tribunale di Sorveglianza (che ha rigettato il ricorso, ndr), la questione del 41bis è diventata centrale su qualsiasi altro argomento».

Fino a quando proseguirà la sua lotta nonviolenta, gli chiediamo, visto che la sua battaglia è contro il regime del 41bis e non a favore della propria condizione personale? «Immagino che, malgrado tutto, un provvedimento favorevole della Cassazione che deve decidere sul suo 41bis (ieri il fascicolo del ricorso presentato dai legali di Cospito è finalmente arrivato, dopo tre solleciti, alla cancelleria della Corte suprema, ndr) lo convincerebbe a interrompere lo sciopero della fame».

Secondo quanto riferito dal Garante nazionale dei detenuti, Cospito ha appreso dalle trasmissioni televisive delle manifestazioni a suo favore. Per la sua vicenda processuale è decisiva anche l’attesa pronuncia della Corte costituzionale alla quale la Corte d’Assise d’Appello di Torino ha rinviato il caso chiedendo di esprimersi sul divieto di prevalenza delle attenuanti sulle recidive. Una decisione favorevole dalla Consulta potrebbe «scongiurare l’ergastolo – spiega l’avvocato Rossi Albertini – attraverso un giudizio che, si spera, consenta la prevalenza dell’attenuante dell’articolo 311 del codice penale sulla recidiva reiterata e permetta così l’abbattimento della pena dell’ergastolo a una pena tra i 21 e i 24 anni, per un totale di 30 anni». «Rimarrebbe in ogni caso l’ostatività», spiega ancora l’avvocato, propria del reato contestatogli, strage contro la personalità dello Stato, malgrado l’attentato sia stato senza vittime.

In ogni caso, il ministro Nordio ha assicurato ieri di seguire il caso «con la massima attenzione».