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Cospito, «atti segreti». Ma per i pm Delmastro ne era inconsapevole

Cospito, «atti segreti». Ma per i pm Delmastro ne era inconsapevoleIl sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove – Ansa

La Procura di Roma chiede l’archiviazione dell’inchiesta sulle rivelazioni del sottosegretario alla Giustizia. L’esponente di Fd’I passò le carte a Donzelli. Ma il Gip la rifiuta e fissa l’udienza a luglio. Il Pd: «In ogni caso i magistrati dimostrano che è inadeguato al suo ruolo»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 23 maggio 2023

Ha rivelato il segreto amministrativo, quando passò al suo coinquilino e fratello di partito Giovanni Donzelli alcuni atti riservati che poi il vicepresidente del Copasir utilizzò – in modo, per così dire, fantasioso – per attaccare il Pd sul caso delle visite in carcere all’anarchico Alfredo Cospito. Lo ha fatto ma, in sostanza, ne era inconsapevole. Di solito la legge non ammette ignoranza, eppure con queste motivazioni la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del fascicolo d’inchiesta a carico del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro delle Vedove, aperto dopo l’esposto presentato a febbraio dal deputato verde Angelo Bonelli. Teoria che però non ha convinto affatto il Gip, che infatti non ha accolto subito la richiesta dei pm e, facendo esplicito riferimento all’ex articolo 409 comma 2 del codice di procedura penale, ha fissato invece a luglio l’udienza per approfondire il caso.

«LA RICHIESTA di archiviazione – scrivono i pm Rosalia Affinito e Gennaro Varone, coordinati dall’aggiunto Paolo Ielo e dal procuratore capo Francesco Lo Voi – riconosce l’esistenza oggettiva della violazione del segreto amministrativo ed era fondata sull’assenza dell’elemento soggettivo del reato, determinata da errore su legge extrapenale». Come a dire che le conversazioni in carcere tra l’anarchico Cospito, allora in sciopero della fame contro il 41 bis cui è sottoposto, e altri due detenuti mafiosi con cui condivideva l’ora d’aria erano realmente sottoposte a segreto d’ufficio – contrariamente a quanto sostenuto anche dal Guardasigilli Carlo Nordio, accorso a difesa della sua parte politica – ma nel divulgarle non ci sarebbe stato un «indebito profitto» del sottosegretario Delmastro, come previsto nel reato di cui all’articolo 326 c.p. (che, comunque, per l’illecito colposo infligge la reclusione da sei mesi a un anno).

L’«ERRORE», commesso passando brevi manu quelle conversazioni al suo partito, Fratelli d’Italia, e in particolare al deputato Donzelli che ne fece oggetto di polemica politica, leggendo quei passaggi in Aula alla Camera e attaccando i parlamentari del Pd che il 12 gennaio si recarono nel carcere di Sassari a verificare le condizioni di salute del detenuto Cospito giunto al 75esimo giorno di sciopero della fame, non sarebbe reato penale.

NE ESCE PER IL MOMENTO «rasserenato», Delmastro, che per lungo tempo è stato avvocato di fiducia di Giorgia Meloni: «Chiunque mischi, nel bene o nel male, politica con processo penale, compie un errore – commenta – L’unica cosa certa è che io ho operato secondo coscienza e correttamente. Ognuno ha fatto la sua partita, io sono convinto delle posizioni assunte». Convinto, ma fino ad un certo punto. Perché avendo di nuovo l’occasione, rifarebbe la stessa cosa, azzarda il sottosegretario alla Giustizia, anche se, per esserne certo, dice, «devo attendere che si concluda la vicenda»: «Se si conclude con la certificazione della legittimità del mio operato è un conto, sennò no. Politicamente, io ho risposto a un collega che mi aveva posto delle domande. Ritengo, per ora, con documenti non secretati», ripete in aperto dissenso con la stessa Procura di Roma .

IN OGNI CASO, è inadeguato al suo ruolo, attacca il Pd. «Avevamo ragione noi – rivendica la responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani che si recò in visita a Cospito insieme all’ex ministro Andrea Orlando – quando dicevamo che le informazioni date da Delmastro all’onorevole Donzelli erano coperte da segreto ed erano riservate, e torto il ministro Nordio che ha sostenuto invece non esserlo. Delmastro però, laureato in legge, avvocato penalista e sottosegretario alla Giustizia con deleghe al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, non conosce la legge, oppure la conosce ma non è consapevole dell’uso che può farne. La Procura conferma la totale inadeguatezza del sottosegretario allo svolgimento dei compiti affidatigli».

BONELLI è soddisfatto: «È la dimostrazione che ho fatto bene a presentare esposto per due motivi. Il primo pedagogico: il duo Donzelli-Delmastro ha capito che con i documenti di Stato non si gioca, tanto meno per utilizzarli contro l’opposizione. Il secondo è che il pm conferma che ci sia stata violazione del segreto amministrativo però con “incosapevolezza”». Un punto di vista che Bonelli fa «fatica a comprendere», «anche perché Delmastro, da avvocato, è tenuto a conoscere le leggi italiane». È in attesa della decisione del Gip, il deputato dei Verdi. Come deve esserlo anche il ministro Nordio, che al momento non commenta.

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