Cospito accetta gli integratori in attesa della Cassazione
Carcere L’anarchico aspetta l’udienza del 24 febbraio, dopo che il Pg ha chiesto la revoca del 41bis. E l’associazione Antigone interviene nell’udienza in Consulta contro l’ex Cirielli. L’Avvocato generale Pietro Gaeta: «Si sarebbe applicato il 41 bis per impedire, al più, la perpetrazione del reato di istigazione e non invece la rescissione del collegamento tra detenuto e associazione».
Carcere L’anarchico aspetta l’udienza del 24 febbraio, dopo che il Pg ha chiesto la revoca del 41bis. E l’associazione Antigone interviene nell’udienza in Consulta contro l’ex Cirielli. L’Avvocato generale Pietro Gaeta: «Si sarebbe applicato il 41 bis per impedire, al più, la perpetrazione del reato di istigazione e non invece la rescissione del collegamento tra detenuto e associazione».
Ha ricominciato a prendere gli integratori che aveva sospeso da qualche giorno, l’anarchico Alfredo Cospito, trasferito da sabato scorso per precauzione nel reparto di medicina penitenziaria dell’ospedale San Paolo, a Milano. Il detenuto, che attualmente è ristretto nel carcere di Opera ed è in sciopero della fame ormai da 117 giorni contro il regime di «carcere duro» cui è sottoposto da maggio scorso, sa che deve riuscire ad arrivare lucido almeno fino al 24 febbraio, giorno in cui la Cassazione deciderà sul ricorso presentato dal suo legale contro il 41bis.
Anche se quella non è una data definitiva per la risoluzione del caso, perché ci potrebbe essere un ulteriore rimpallo tra i giudici competenti, qualche spiraglio si è aperto da quando l’Avvocato generale della Cassazione, Pietro Gaeta, ha depositato il suo parere e la richiesta alla Suprema Corte di «annullare l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Roma» del dicembre scorso, «con rinvio per un nuovo esame». Difficile che i giudici non accolgano la richiesta della pubblica accusa.
NEL FRATTEMPO QUALCOSA si muove anche alla Consulta, dove ieri è stato iscritto a ruolo l’atto di promovimento della Corte d’Assise d’Appello di Torino che ha sollevato dubbi di costituzionalità sull’art. 69 c.p. come modificato dalla legge 251/2005, la cosiddetta ex Cirielli, quello che «non consente che ai recidivi vengano riconosciute circostanze attenuanti prevalenti sulle aggravanti, in modo da permettere una quantificazione della pena adeguata alla minore gravità del reato in concreto commesso», come spiega Antigone. L’associazione infatti interverrà in quell’udienza (la data è ancora da fissare) con un «amicus curiae» per sostenere le ragioni della Corte d’Appello.
Se, come sostengono i giudici di Torino e conferma Antigone, «le conseguenze delle modifiche in pejus introdotte dalla legge ex-Cirielli appaiono evidenti», e se quindi venisse riconosciuta l’incostituzionalità della norma, a Cospito potrebbe venire ripristinata la pena di 20 anni anziché l’ergastolo per l’attentato alla Scuola allievi carabinieri di Fossano, nel 2006. Una pena che comunque per il 57enne anarchico di Pescara equivarrebbe ad un ergastolo.
PERCIÒ PER COSPITO il problema maggiore rimane ancora il regime di detenzione nel quale dovrà scontare questi anni di carcere. A questo proposito, nelle 14 pagine siglate anche dal procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, il suo numero due, l’Avvocato generale Pietro Gaeta, spiega così la sua richiesta di revoca del 41bis a Cospito: «La peculiarità del regime detentivo speciale esige, in breve, un profilo di accertamento, quello del “perdurante collegamento” associativo del condannato, che evidentemente evade dal giudicato di condanna – dove è la sola appartenenza “statica” del condannato all’associazione criminosa ad essere affermata – e che riguarda il segmento temporale successivo, quello dell’esecuzione della pena, in una valutazione che, al contrario della prima, è dinamica e, per certi aspetti, prognostica».
IN SOSTANZA, spiega Gaeta dando ragione alla difesa di Cospito, le motivazioni del Tribunale del riesame – che aveva respinto la richiesta di revoca del 41 bis presentata dall’avvocato Flavio Rossi Albertini – non accertano, con «elementi concreti ed attuali», la «persistenza della capacità del condannato di tenere contatti con l’associazione di riferimento». Soprattutto, mancano «elementi di sicuro e concreto pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica e di tale intensità da poter essere esclusivamente contrastati, funzionalmente, dal regime carcerario speciale, extrema ratio per l’inevitabile compressione dei diritti fondamentali che esso reca».
IN VERITÀ GAETA respinge tutte le altre obiezioni della difesa, come quella secondo la quale gli attentati più recenti non erano stati rivendicati dalla «sigla “storica” dei gruppi fondatori o da un acronimo “che prosegue nel tempo”, per potere essere effettivamente ascritti all’attività della Fai-associazione, piuttosto che all’estemporaneità del metodo-Fai» (laddove la differenza tra «Fai-associazione» e «Fai-metodo» è stata coniata dal Tribunale di sorveglianza e ritenuta corretta dalla Procura generale della Cassazione).
Ma il pubblico ministero della Suprema corte reputa «necessario» un «compendio argomentativo del relativo provvedimento impositivo» del 41 bis. Perché altrimenti, spiega il pm della Cassazione, è lecito affermare, come fa l’avvocato Rossi Albertini, che il provvedimento del Tribunale di sorveglianza, «avallando il vizio già presente nel decreto ministeriale, avrebbe esteso “il perimetro applicativo dell’art. 41 bis O.P. ad impedire, al più, la perpetrazione del reato di istigazione” (reato compiuto attraverso gli scritti che Cospito divulgava, ndr) e non invece la rescissione del collegamento tra il detenuto e l’associazione eversiva di appartenenza».
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